Rachele Restivo “pensa in grande” «Puoi diventare quello che sogni»

La giornalista udinese, volto di Mediaset, sta per partire con il nuovo programma «Ho sempre viaggiato tanto ma il cuore è in Friuli, dove ci sono le mie radici»



Che cosa c’è dietro una donna di successo? I sogni di una bambina che si fanno realtà. “Quel che sogni diventi” è il riassunto della storia dell’udinese Rachele Restivo, giornalista, creatrice di format Tv, conduttrice nonché volto di Mediaset.

In quinta elementare studia danza al Piccolo Teatro città di Udine, poi l’ammissione al conservatorio Tomadini cantando “We are the world”, il diploma al liceo linguistico Kennedy e il volo fuori regione. Si laurea alla Iulm di Milano per poi trasferirsi a Roma e iniziare la gavetta nel settore televisivo e giornalistico. Con l’esperienza nella redazione cronaca del Tg La7 diventa giornalista professionista. Un altro volo, oltreoceano, la porta a New York a frequentare l’accademia Nyfa. Cura e realizza reportage dalla Grande Mela su temi legati agli Usa. Poi inizia la collaborazione con Mediaset partecipando al programma tv “Mistero” con Enrico Ruggeri. Scrive “Passion” (il format che diventerà un talk show su Italia 1, da lei curato e condotto) ma anche “I misteri di Hollywood”, “Attrazioni fatali” e “Mistery pop star”; programmi in cui affronta vite, curiosità e misteri delle star del jet set internazionale.

Nel 2019 un altro lavoro su Retequattro che porta la sua firma (ideato, scritto e condotto): “Pensa in grande”. Da sabato 9 gennaio tornerà con la seconda stagione, in cui racconterà le storie di tre grandi imprenditori italiani.

«Tutti possiamo essere visionari e trasformare i sogni in realtà – afferma Rachele che ora è più che una giornalista, è capo progetto – e continuare a pensare in grande» Parlando con lei è bello constatare che l’emozione non ha età, non conosce luogo, tempo e distanze, se la passione che arde nell’anima ti guida, se lasci che tenga le redini.

«Quando arrivo a Cologno Monzese e vedo la grande scritta Mediaset mi commuovo e ripenso a quando ero bambina e già pensavo in grande, per il mio modo di raccontare le storie e di giocare, creativo e fantasioso – confida –. Ero già una piccola capo progetto». Cresciuta a pane, sorrisi e televisione, finiti i compiti e i giochi, guardava i film americani anni’60 e’70. Apprezzava il regista Billy Wilder e le colonne sonore di Henry Mancini. Passioni inconsuete per una bambina. «La televisione mi ha cresciuta. Volevano farmi diventare attrice ma sono stata conquistata dall’altra parte della macchina da presa. Amici registi mi hanno fatto leggere le sceneggiature dei loro film e lì ho capito che ero considerata autrice e non attrice».

L’illuminazione per scrivere le sceneggiature però arriva dai momenti trascorsi sotto l’ombrellone di Lignano. «Come per Ernest Hemingway la sua laguna è luogo magico e di ispirazione. Così la visione prendere forma, prima di andare sul piccolo schermo. Ho sempre viaggiato tanto ma il cuore è qui, dove ci sono le mie radici e dove sono nati i miei più grandi amori».

Questo e molto altro si cela dietro alle parole “a cura di”, nella sigla di apertura dei programmi in tv. «C’è la regia di chi conduce, le fasi di scrittura, le riprese, il montaggio, la registrazione del VoiceOver, i lanci in studio, la post produzione. È un lavoro di mesi, paragonabile a un piccolo film. Ogni volta che leggo “a cura di” ho la conferma di aver pensato in grande anch’io ». —





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