Pordenone in Controtempo rilancia già “Piano jazz”

PORDENONE. Con un generosissimo concerto di Franco D’Andrea, caposcuola del jazz italiano, si è conclusa al Ridotto del teatro Verdi di Pordenone l’edizione 2014 di Piano Jazz. Organizzata da...

PORDENONE. Con un generosissimo concerto di Franco D’Andrea, caposcuola del jazz italiano, si è conclusa al Ridotto del teatro Verdi di Pordenone l’edizione 2014 di Piano Jazz. Organizzata da Controtempo con il sostegno di Regione, alcuni sponsor privati tra cui Balsamini e Briedacabins e la collaborazione della Fazioli, Piano Jazz è uno dei piccoli, ma preziosi inserti del cartellone musicale pordenonese. «Cerchiamo di fare le cose pensando al pubblico – ci dice Paola Martini, anima della rassegna - e di offrire un panorama trasversale di quanto offre il panorama del jazz pianistico contemporaneo. In fondo lo scopo di un’associazione è proprio questo, proporre dei percorsi, mostrare qualcosa di nuovo, suggerire al pubblico degli artisti che magari più difficilmente sarebbero accessibili in altri contesti».

In effetti, nelle tre serate su cui si sviluppa la rassegna, anche quest’anno il percorso è stato molto efficace e chiaro. Dall’inizio, con il giovane pianista polacco Marcin Wasilewski, pregevole il suo concerto con suggestive, evanescenti e impagabili riletture di famosi brani pop, «è stata una rarità – ci spiega sempre Paola Martini – averlo da solo, perché generalmente non si esibisce mai cosí, ma sempre in trio», al più materico Blue Africa progetto blues di Claudio Cojaniz accompagnato al contrabbasso da Franco Feruglio. «Cojaniz – dice ancora Martini – ha significato per Piano Jazz lo spazio doveroso al jazz della nostra regione. Seppure conosciuti e amati, non sono mai abbastanza le occasioni per ascoltare i “nostri” jazzisti e una rassegna come la nostra ha un obbligo particolare nel difendere questi spazi». Con la conclusione di mercoledí, appunto, dedicata a un vero maestro del jazz italiano, Franco D’Andrea. Un nome che ha legato la sua carriera alle leggende di Gato Barbieri, per esempio già nel 1964, oppure a quelli di Franco Tonani e Bruno Tommaso con cui ha formato il “Modern Art Trio”, qualche anno dopo. O ancora alla felice e irripetibile esperienza del progressiv jazz dei Perigeo, all’inizio degli anni ’70, quasi un’epoca fa. Nel concerto al Ridotto del Verdi, D’Andrea ha proposto una linguaggio lucidissimo, essenziale, mai eccessivo senza cedere mai il passo a facili esibizionismi e senza soffermarsi troppo su facili ammiccamenti melodici. Al contrario, le sue rivisitazioni di classici standard hanno messo in luce il potenziale creativo di spunti melodici popolarissimi come I got rythm, per esempio. Un’ora e mezza di lezione che ha mostrato al pubblico la differenza tra intelletto e istinto nel jazz. «Ora lavoriamo per l’anno prossimo – conclude Paola Martini – con l’obiettivo di mantenere lo spirito di originalità e novità che caratterizza Piano Jazz».

Gabriele Giuga

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