«Per combattere l’Isis bastano i Curdi Usa ed Europa non hanno interesse»

GORIZIA. Una guerra, l’ondata di immigrati e la minaccia del terrorismo. All’auditorium della cultura friulana, ieri mattina, si sono confrontati su questo intreccio tre esperti guidati dal giornalista Gianandrea Gaiani.
La voce dei profughi, soprattutto di quelli siriani ospitati nei campi della Croce Rossa slovena dove Gaiani lavora, è stata marcata da Widad Tamimi, figlia di un medico palestinese e di una donna di origini ebree. Perfetto esempio di una convivenza possibile. La giovane cooperatrice ha preso spunto dalle storie delle persone che incontra, preoccupate per il proprio futuro, desiderose di rientrare in una patria non più scossa da alcun conflitto, ma anche bisognose di un clima di integrazione che permetta loro di tenere lontane la depressione e la frustrazione indotte dalla condizione di stand by in cui si trovano.
Si tratta di un’attesa imprecisata, un waiting for Godot che li accomuna in qualche modo all’atteggiamento dei Paesi che hanno invaso il Medio Oriente: «vi hanno portato delle truppe – ha spiegato Virgilio Ilari, presidente della società italiana di Storia militare – senza sapere con precisione cosa sarebbe successo una volta stabilizzate le aree di crisi». Ciò che è emerso con chiarezza dalle sue parole, condivise da Gastone Breccia (docente dell’ateneo di Pavia), è la mancanza di una vera strategia da parte delle potenze occidentali. Manca, in sintesi, una visione globale su ciò che sta avvenendo relativamente al problema dei profughi, strumentalizzati dai Paesi in guerra per ricattare l’Occidente. Manca, secondo Breccia, anche un vero interesse dell’Europa e degli Usa nella lotta contro l’Isis che può essere combattuto con successo dai curdi, ma solo limitatamente alla messa in sicurezza dei territori da loro occupati.
E in una situazione già difficile da dipanare, si è inserita la Russia, interessata a mantenere le proprie basi in Siria, spinta dall’Europa ad alleanze con la Cina e astutamente innalzatasi a difesa delle rovine di Palmira. Per dimostrare cosa? Dove avevano fallito le altre potenze, Putin aveva avuto successo. E l’Italia? Anche in questo caso condivisa dai relatori è l’opinione che stia a guardare, assoggettandosi alle direttive degli Stati Uniti sui modi e i tempi degli interventi, rinunciando alla propria sovranità a favore delle prescrizioni di istituzioni superiori come Unione europea e Nato: un problema che, comunque, è comune a molti stati del nostro continente.
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