Palcoda, la Shangri La di Italo Zannier: a 92 anni la scalata al borgo fantasma
L’ultima sfida di Italo Zannier: «Sette ore tra andata e ritorno, per me è stato l’Himalaya»

“Palcoda è bella, e Venezia è sua sorella”, antico mantra che Italo Zannier, massimo storico friulano della fotografia ha appreso, quasi novant’anni fa, da una prozia, è alla base di un libro che verrà presentato, giovedì 9 alle 17.30, a Trieste, nella sala “Bazlen” di Palazzo Gopcevich.
Ma, prima ancora, è alla base di una straordinaria avventura, che ha quasi i contorni della fiaba.
Un giorno, a Venezia, dove Zannier risiede assieme al figlio Giulio, un amico, appassionato escursionista, nel corso di una chiacchierata, cita Palcoda. Si tratta di un luogo sconosciuto ai più, una manciata di case abbarbicate ai pendii dell’alta Val Chiarzò, nella parte più segreta del Friuli più nascosto, l’Arzino. Un paesino mai raggiunto da una rotabile, e ufficialmente abbandonato dal 1923, quasi un decennio prima della nascita del Maestro.
Il quale, sentito il nome, risponde immediatamente con la massima di famiglia, che rimanda alla Serenissima. E’ ultranonagenario Italo Zannier, ma unisce alla grande vivacità intellettuale doti fisiche insospettabili, data l’età.
Di Palcoda ha solo sentito dire, dalla zia, e sa che è un ghost village. Però gli viene il desiderio di andarci di persona. Per un richiamo d’infanzia, una voglia di natura, e un gusto di sfidare l’impossibile. Così muove da Venezia per la sua Shangri La. Racconta: «Mi è tornato in mente Pradis di Clauzetto, dove ho passato tante estati dagli zii.
Piccolino, ero la mascotte della IV brigata Osoppo, sapevo montare e smontare uno Sten, mi portavano al recupero del materiale paracadutato per non lasciarmi solo a casa. Begli anni» .
«Ho cominciato a sognare questo paese, sfortunato perché privo della neve che privilegia Cortina e altri centri, anche se in passato, l’assenza di neve era una benedizione.
Ho scoperto che Palcoda ha avuto sino a 150 abitanti, e, accanto alle attività silvopastorali, persino una piccola manifattura di cappelli. Mi è venuta l’idea di andare lì e documentare il tutto fotograficamente, perché sono uno storico e un critico che crede nel fare».
Tra il dire e il fare ci sono di mezzo un sentiero malagevole, con sette ore di cammino tra andata e ritorno
«Non vorrei atteggiarmi a eroe, ma per me è stato l’Himalaya. Mi sento molto fiero di quanto ho fatto, posto che la prossima torta porterà 93 candeline».
«Tre ore e mezzo di saliscendi su terreno impervio, con vari attraversamenti di ruscelli, e sapendo che lì un elicottero non si sarebbe potuto posare perché è tutto bosco fitto. Ho avuto il sostegno psicologico dell’amico Gigi Brovedani, architetto, e quello pratico di alcuni accompagnatori, tra cui mio figlio, che mi hanno aiutato nei punti più impervi, dove c’era un sentiero di 30 centimetri con sotto un dirupo».
Segno tangibile di questa giornata, un volume fotografico sostenuto dalla Regione, Comune di Tramonti di Sotto e dall’Associazione Antica Pieve d’Asio di Clauzetto, un’opera che testimonia e restituisce l’antica enfiteusi umana con la natura, un uso attento e rispettoso dell’ambiente, un tratto minuscolo e simbolico, ma significativo, della storia dell’Alto Friuli.
«Appena arrivati uno del gruppetto ha suonato a stormo le campane della chiesetta di San Giacomo, l’unico edificio agibile, perché rimesso a posto un decennio fa da un discendente degli ultimi abitanti, Antonio Masutti», conclude Zannier.
«Il restauro è stato un gesto d’amore, totalmente gratuito, così come questa mia piccola spedizione senile, che vorrei portasse a un risultato utile. Palcoda ha quei valori identificativi, e quei contenuti culturali e ambientali da trasmettere ai posteri di cui parla l’Unesco. Vogliamo porne la candidatura quale patrimonio dell’umanità. E sono convinto che ce la faremo».
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