Missinato: «La mia Sinfonia per la pace dagli States al Friuli»

Il compositore di Porcia ritorna nella sua terra con un’idea eseguire un’opera multimediale a cavallo tra due continenti

PORCIA «La musica è la porta, il ponte tra noi e la nostra anima». “Unfolding secrets” è un messaggio universale d’amore e fratellanza espresso nel linguaggio della musica. Marco Missinato, compositore e produttore di origini pordenonesi che per lavoro si divide tra Los Angeles (dove vive) e New York ha un sogno: eseguire in concerto dal vivo nel suo Friuli, con musicisti del luogo, la “sinfonia del cuore” che ha racchiuso nelle 13 tracce dell’album “Unfolding secrets”, inciso negli Usa. I brani per orchestra sinfonica e voce – quella della soprano newyorkese Kristin Hoffmann – sono già stati presentati al pubblico americano in due applaudite esibizioni a Sedona (Arizona) e New York, nonché eseguiti in Ecuador. Il desiderio di Missinato è di esportare il proprio lavoro in tutto il mondo, cominciando proprio dalla terra che gli ha dato i natali, ma che ancora – a differenza degli Usa – non lo conosce a livello artistico.

Missinato, cos’è, al fondo, il progetto legato a Unfolding secrets?

Le musiche di questo album indirizzano le frequenze del cuore, con l’intento di dare vita a un concerto “umanitario” per la pace, cominciando dal Friuli e toccando vari Paesi d'Europa e non solo. Esplorando la nostra bella regione in questi giorni ho individuato delle location ideali per una serie di concerti dal vivo: villa Manin, il Castello di Udine... L’idea è di coinvolgere musicisti e orchestre locali nell’ottica di uno scambio col territorio. Partendo da questo evento, realizzare un dvd per promuovere il Friuli nel mondo, arrivando anche a chi, come me, è emigrato, ma non dimentica le sue origini».

Quando ha capito che la musica era la sua strada?

Ho sempre avuto una speciale risonanza con la musica, sin da piccolo: era un modo per risolvere i conflitti di un mondo contrastante. Sono nato a Pordenone, nell’infanzia mi sono trasferito a Roma con la mia famiglia. Finché ho vissuto nella capitale ho coltivato il rapporto con la musica nel privato, poiché facevo il fotografo di professione. Un giorno mi sono trovato di fronte a un bivio: incanalare la mia vita in un percorso “prestabilito”, o inseguire la mia vena creativa. Scelsi la seconda opzione, e a 28 anni partii per l’America.

Un sogno americano, il suo?

Scelsi gli Stati Uniti per lo spazio e le possibilità creative che offrono, e che avevo già saggiato quando, durante gli anni della carriera da reporter, li avevo visitati. Il nostro Paese è tra i piú belli al mondo, ma spesso il processo creativo incontra delle difficoltà.

Non fu per lei un inizio facile...

Dopo il diploma al Musician's Institute of Hollywood ho iniziato la mia gavetta americana. Per sopravvivere e finanziare la mia musica per piú di vent’anni mi sono proposto come cantante e pianista per eventi privati dei “ricchi e famosi” di Hollywood. Tra gli altri ho suonato per la principessa di Giordania, Sidney Poitier, Silvester Stallone e Dino De Laurentiis.

Al cuore di tutto cosa rappresenta per lei la musica?

Ho una visione che definirei “incorrotta”, poiché della musica non m’interessa l’aspetto mondano. In essa c’è qualcosa di speciale, che può prestare servizio all’essere umano, soprattutto in un momento difficile come quello presente. Attraverso le sette note mando un messaggio d’amore, con i concerti dal vivo inseguo l’utopia di creare fratellanza e pace. Quando ci immergiamo in un’esperienza musicale onesta, diventiamo l’espressione piú alta di noi stessi: il nostro vero io è aperto, vulnerabile... autentico».

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