Michela Lucenti e la sua Giocasta: «La nostra storia riflessa nel mito»
Lo spettacolo di danza, teatro e musica il 14 e 15 novembre al Teatro San Giorgio. «È una donna che lotta, un personaggio contemporaneo, un vero e proprio elogio alla democrazia»

Una rilettura contemporanea per ripensare in termini di voce, corpo e drammaturgia al mito di Giocasta, per rendere indelebili segni che continuano a vivere anche nei nostri atti quotidiani: nella violenza, nel sacrificio, nell’amore, fino a espandersi a tematiche complesse come il rapporto difficile tra genitori e figli.
È inserito in calendario per la stagione di Teatro Contatto, il 14 e 15 novembre alle 21 al Teatro San Giorgio, lo spettacolo di Michela Lucenti, danzatrice, coreografa e regista a capo della compagnia Balletto Civile che, ispirandosi all’ultima versione delle Fenicie di Euripide, porta in scena una figura femminile forte e consapevole, emblema di una donna coraggiosa e moderna.
Michela, da dove nasce questo desiderio di raccontare e riscrivere il mito?
«Il mito rappresenta una forma inesauribile di possibilità per parlare al contemporaneo, non è un caso che, secondo me, queste grandi tematiche siano molto importanti per la scrittura coreografica, quasi più che per la parte drammaturgica, perché raccontano di movimenti intenzionali primigeni. Se noi andiamo a fare una ricerca profonda sul nostro corpo li troviamo, è un modo di tornare a una necessarietà... Anche le grandi coreografe che hanno fatto la storia, sto parlando ad esempio di Isadora Duncan, Martha Graham, si sono riferite al mito perché ha la possibilità di andare a farci narrare un movimento ancestrale».
Cosa contiene questo tuo lavoro a differenza di altri?
«Io spesso scrivo operazioni coreografiche con delle tasc che hanno, quindi, un margine di improvvisazione. Questo lavoro, invece, è tecnicissimo, questa puntualità coreografica è data da una narrazione specifica del mito, è la nostra storia, noi occidentali, il teatro greco ci parla in maniera diretta, per me sono una grande possibilità di narrazione fisica».
Giocasta è il risultato di un lungo percorso di ricerca.
«Si tratta di un lavoro figlio di quasi due anni di impegno su Le Fenicie di Euripide messo in scena in un allestimento di undici elementi e che ha debuttato al Festival di Segesta. Di tutti i tragediografi, Euripide tratta Giocasta in una maniera molto diversa, non è semplicemente la madre di Edipo che quando scopre tutto si uccide, ma è una donna che lotta, un personaggio contemporaneo, un vero e proprio elogio alla democrazia che cerca di riconciliare il problema tra i figli fino alla fine. Ed è, in realtà, la prima volta che una tragedia lavora su un personaggio femminile così importante benché la figura di Edipo campeggi sempre come protagonista nelle scene. Questa idea ha lavorato così tanto in me che io e Maurizio Camilli (assistente alla creazione n.d.r.), abbiamo deciso di scrivere, di fare un lavoro contemporaneo di spine off prelevando il personaggio di Giocasta dalla tragedia euripidea e facendone un Solo estremamente fisico, cantato e con dei testi attuali».
Hai voluto come Edipo un interlocutore sonoro live. Com’è nata questa scelta?
«Thybaud Monterisi, cantautore italo-belga, è il frontman del gruppo veneto dei Mont Baud. Assieme a lui abbiamo già realizzato per Oriente-Occidente un grande lavoro incentrato sul tema dell’adolescenza che si chiama Eclissi. Lui possiede questa qualità interessante di scrittura contemporanea del testo cantato. Quando abbiamo pensato a un Edipo che potesse tenermi testa in scena, abbiamo subito pensato a lui che, a dire il vero, ha vent’anni meno di me, ed è pertanto un fattibile figlio, ma credibile sia per forza che per bellezza anche come amante. Doveva essere giovane in quanto noi ci fermiamo a una specie di antefatto, per cui Antigone, Eteocle, Polinice e Ismene sono solo dei bambini e raccontiamo di loro giovani».
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