Madrisio, il ponte che salvò centomila soldati: fu la provvidenziale via di fuga dopo Caporetto

Il libro edito da Gaspari ricorda il sacrificio di Simone Corsi e racconta una vicenda storica poco nota. Gli austriaci presidiavano Casarsa e Latisana 

I ponti emanano sempre forti suggestioni se si legano a scenari letterari e di guerra. Il Robert Jordan hemingwayano di “Per chi suona la campana” andò in Spagna per minare i ponti; il colonnello Nicholson di Pierre Boule comandò i prigionieri inglesi costretti dai giapponesi a costruire il ponte sul fiume Kwai, tanto per fare esempi celebri. Ma una storia molto interessante si cela anche dietro le vicende di un ponte militare costruito in Friuli, lungo il Tagliamento, tra Madrisio e Bolzano, dunque tra i Comuni di Varmo e Morsano, che divenne protagonista nell’ottobre del 1917, nel dopo Caporetto.

Episodi praticamente sconosciuti, che riaffiorano grazie a un libro apparso nella collana storica dell’editore Gaspari di Udine e scritto da Marco Pascoli, fondatore del Museo della Grande Guerra di Ragogna, già autore di altre opere su temi militari capaci di svelare come tutto venne vissuto dentro le nostre comunità.

Il volume si intitola “La battaglia fra Madrisio e San Paolo al Tagliamento. Il sacrificio di Simone Felice Corsi e l’azione dell’autunno 1917” e lo spunto per concepirlo e realizzarlo venne quando dal Lazio giunse Pier Giacomo Sottoriva, presentatosi alla Pro loco di San Paolo, frazione di Morsano, alla ricerca di notizie su uno zio medaglia d’argento al valor militare, appunto quel Simone a cui è dedicato il libro.

Quale caporal maggiore della brigata Acqui si comportò da autentico “eroe invisibile”, uno di quei nomi spariti poi per sempre, sacrificatosi sulla sponda destra del Tagliamento senza scappare e per fermare il nemico. Era un veterano del Carso essendo stato ferito già tre volte. Era un muratore, un ragazzo tranquillo, non un esagitato, volle compiere fino in fondo il dovere di fante.

Da questo fatto parte la ricerca di Pascoli, arricchita da foto d’epoca molto efficaci, per spiegare come il ponte di Madrisio (per la verità, un insieme di tre ponti che sfruttavano aree golenali) fu costruito dagli italiani nel 1915 a scopo strategico per il passaggio delle truppe verso il fronte.

La sua importanza divenne straordinaria dopo la disfatta del 27 ottobre quando, a sorpresa, fornì una provvidenziale via di fuga ai nostri, visto che il ponte era sfuggito incredibilmente all’attenzione di austroungarici e tedeschi concentratisi sui ponti della Delizia e su quelli di Latisana. In pochi giorni di lì passarono in 100 mila su un totale di oltre un milione di soldati in fuga assieme a circa 140 mila civili. Lì arrivò trafelato in bicicletta da Aquileia monsignor Celso Costantini, il famoso intellettuale e studioso, che poi divenne cardinale e nunzio in Cina, ma trovò la strada sbarrata dai carabinieri e dovette raggiungere Latisana.

Di lì passò Filippo Tommaso Marinetti, il poeta fondatore del futurismo, tenente volontario e la sua narrazione è da antologia: «Ho il cuore bruciato torrido, vorrei rinfrescarlo con quell’acqua autunnale piena di foglie rosse. Autunno ruggine di sangue. Acque profuse». Più prosaicamente un certo tenente Luigi Merlini scrisse: «Non posso dire la gioia provata quando ho messo il piede sul ponte. Era la salvezza, il frapporre fra noi e gli austriaci il Tagliamento in piena». Infatti l’attraversamento avvenne in condizioni al limite essendoci un’alluvione in atto.

Il testo di Pascoli mette in luce soprattutto gli sconcertanti errori compiuti dai comandi nemici per cui, quando le loro prime avanguardie stavano per arrivare a Madrisio, furono dirottate di nuovo verso Codroipo, già conquistata da giorni e con i ponti abbattuti dagli italiani. I cultori di questi dettagli bellici hanno dunque di che stupirsi e deliziarsi.

Due annotazioni finali. Gran parte del racconto locale è tratto dallo straordinario diario del parroco, don Eugenio Bertolissi, ennesimo caso di come i preti hanno saputo svelare la vita e l’anima dei nostri paesi. E poi c’è che il segretario comunale di Morsano era allora Arnaldo Mussolini, fratello del futuro duce Benito. E il parroco scrisse: «È lui che continua a occuparsi della popolazione. Uomo di intelligenza non comune, di modi cortesi, democratico di principi e più democratico di fatti». È una pagina del 31 ottobre 1917.

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