Lucarelli e il “Peccato mortale”: gravissimo il razzismo oggi e ieri

noir sul 25 luglio
Fabiana Dallavalle
Pordenonelegge chiude al teatro Verdi, con Carlo Lucarelli. Lo scrittore amatissimo di racconti e romanzi che uniscono il gusto dell’inchiesta storica alla ingegnosa tessitura di trame gialle e noir, è anche geniale ideatore e conduttore di trasmissioni televisive e sceneggiatore.
Il suo nuovo romanzo “Peccato mortale, un’indagine del commissario De Luca” (Einaudi Stile libero) è un tuffo nei 45 giorni tra la caduta di Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre 1943.
«Un periodo storico che studio da molto tempo – ci confida lo scrittore – (ha firmato anche “Carta bianca”, “L’estate torbida” e “Via delle oche”, sempre con protagonista il commissario De Luca), raggiunto telefonicamente mentre era in viaggio, ieri verso Pordenone –. Gli italiani allora avevano tre preoccupazioni: cosa mettere in tavola, prevedere dove avrebbero bombardato, e interrogarsi se figli e i mariti sarebbero tornati vivi dalla guerra in Russia. Chi si addormentò alle 23 di quel 25 luglio lo fece nell’Italia fascista, che alle 23.15 non lo era più. Un momento di transizione e confusione in cui niente è come appare – spiega ancora Lucarelli –. Un periodo storico pieno di contraddizioni, perfetto per una trama gialla e che racconta il nostro modo di essere italiani ancora oggi».
«Perché il rumore di fondo del fascismo – sottolinea – non ci ha mai abbandonati. Sentiamo l’eco di quei fantasmi, a volte le stesse parole del duce, gli stessi ragionamenti razzisti che si facevano contro gli ebrei e contro gli africani colonizzati. Allora il mio commissario De Luca preferì voltare la testa da un’altra parte, ma l’indifferenza è un’abitudine che persiste. Questo è pericoloso. Siamo brava gente quando vogliamo, ma quando non vogliamo siamo cattivissimi».
Il commissario De Luca, (in tivù interpretato con grande successo da Alessandro Preziosi) non è né un fascista né un antifascista, fa il suo mestiere con passione, è un fedele servitore dello Stato.
Personaggio tormentato, nasce in parti uguali dalla inventiva letteraria e dai documenti storici e nelle tre inchieste che lo hanno visto già protagonista la storia e la cronaca nera si incrociano a cavallo tra l’ultimo mese di Salò e le elezioni del 1948, anni tremendi che lo cambiano, da eccellente poliziotto, a epurato, a reintegrato nei ranghi.
Per la stesura di “Peccato mortale” Carlo Lucarelli ci ha messo un anno: «la trama era in testa, il giallo non si risolveva, poi alla fine il libro ha deciso».
«Mi interessava capire cosa succede alle persone in periodi storici drammatici e complessi – ha spiegato lo scrittore –. Com’è che una legge terribile e ingiusta come quella razziale, che portò alla schedatura degli ebrei e alla consegna di liste consegnate poi alle SS, fu considerata come una cosa che si poteva fare? Perché alle leggi razziali del trentotto, promulgate a Trieste in piazza Unità d’Italia da Mussolini, ci si arrivò grazie anche a una mentalità comune, a un clima che in qualche modo trovava una spiegazione, una scusa al provvedimento “se si fa un motivo dev’esserci”».
«Cosa che – e qui Lucarelli si aggancia alla attualità – è un po’quello che accade adesso». Il riferimento è a quanto successo pochi giorni fa a Trieste, alla mostra organizzata dagli studenti del liceo classico Petrarca, dall’università e dalla comunità ebraica, bloccata perché il manifesto – una foto in bianco e nero di tre ragazze sorridenti, con libri e cartelle in mano, in basso la prima pagina del quotidiano Il Piccolo, datata 3 settembre 1938 – sarebbe stato “troppo forte” per il Comune triestino.
«Trovo che sia una fatto gravissimo – è la condanna di Lucarelli –. Fu razzismo. Va condannato con fermezza, senza tentennamenti né punti di vista, altrimenti si può pensare che la parte perseguitata abbia una qualche colpa».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto








