L’esordio narrativo di Barbacetto scava nella sua infanzia in Carnia

Il giornalista firma “Angeli terribili”, in edicola abbinato al Messaggero Veneto. Racconta i suoi genitori, le memorie dei nonni e i protagonisti della Resistenza

UDINE. È cresciuto negli anni del beat a Milano, ma conosce i “tròis” della Carnia, luogo d’origine dei genitori e terra d’infanzia. Gianni Barbacetto, scrittore e grande firma del giornalismo, ha scelto la Valcalda per l’esordio narrativo, “Angeli terribili” (Garzanti), in edicola con il Messaggero Veneto. Chi si cela nella scritta «Qui giace Cruchi, uomo iniquo e perverso, pregare per lui è tempo perso»?

Lo svela un’indagine vecchio stile, che va da un epitaffio fino ai versi di Pierluigi Cappello. Una delle tante storie ascoltate “in fila” nei fienili. Con una scrittura calda come il nome della valle, l’autore racconta i genitori carnici, Rosario e Regina, e “barba Lele” o “agna Vighia”, ma anche i protagonisti della Resistenza, da Aulo Magrini a Francesco De Gregori (Bolla), per illuminare ombre e pregiudizi di un tempo storico che dall’armistizio arriva a Gladio e Peteano.

Milano-Ravascletto, 450 km che, nella scrittura, si annullano grazie al frico, «al pan tociât tal vin», alla briscola, alla fisarmonica, a Stelutis Alpinis. Carnia, terra di “storie di streghe”, ma anche d’infanzia libera?

«Libera, ogni estate. Vi sono rimasto per un tempo più lungo, a 5-6 anni, quando mia mamma era malata, affidato alle zie a Ravascletto, dispiaciuto per la sua lontananza, ma anche senza controlli e libero di saltellare come un animaletto selvatico, da cui il soprannome “ciupet” (cavalletta). E poi, pezzi di Carnia rivivevano a Milano, in famiglia come tra tutti gli immigrati: nei piatti, nei canti, nelle storie e nei balli a ritmo di fisarmonica. E ora rivivono nei ricordi».

Vissuto o immaginato, Cruchi esiste grazie a questo libro. Attraverso lui riemerge la Resistenza rossa e bianca, e il nero del fascismo e del terrorismo. È un colore tornato di moda? E come ci si salva dalle ombre e dai pregiudizi della Storia?

«Ci si salva mantenendo viva la memoria, raccontando le “storie dei nonni” per capire il presente e costruire il futuro. Purtroppo, il nero non è mai passato di moda. L’Italia non ha fatto i conti col fascismo. È sopravvissuto in chiave nostalgica, trasversalmente a tutti i partiti e pesa sulla politica. Ecco perché è importante fare luce e indagare».

Cosacchi, fascisti, partigiani, tedeschi. Terra ferita e divisa. “Angeli terribili” è il titolo rilkiano, ossimorico, celestiale e infernale. Chi sono nel libro e chi oggi?

«Sì, il titolo è tratto dalle “Elegie duinesi” (un altro luogo a me caro) di Rilke. L’ho scelto per raccontare le contraddizioni nella Storia e nella natura umana, che possono riguardare tutti, in ogni tempo. Non è sempre netta la distinzione tra eroi e non eroi, fascisti e non fascisti, buoni e cattivi, perché bisogna fare i conti anche con la complessità di ogni singola persona. Anche gli angeli possono diventare terribili. Basti pensare a Porzûs. Ciò non toglie che c’è differenza tra l’essere o non essere fascisti, tra chi ci ha tolto la libertà e chi ce l’ha restituita».

Fevelitu ancjemò furlàn?

«Jo no sai se o soi bon… ’I ai scugnût imparâ el furlàn, parcè che se no, no podevi giujâ cun chei altris fruts ciargnèi. Cumò lu ciacari cun me mâri e basta. E sperin di podê ciacarâ imò tant cun jê, che e à 92 ains!».
 

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