L’Armistizio 1866: riapre a Sant’Andrat l’osteria della firma

Ci sono luoghi dove la Storia “passa” e lascia un segno. Luoghi dove si decide il futuro. Magari seduti a un tavolo di un’osteria. Magari di fronte a un bicchiere di vino. Accadeva di certo cosí nel 1866 a Sant’Andrat di Corno di Rosazzo

Ci sono luoghi dove la Storia “passa” e lascia un segno. Luoghi dove si decide il futuro. Magari seduti a un tavolo di un’osteria. Magari di fronte a un bicchiere di vino mentre si mangia in un bel piatto di ceramica con raffigurato un volto delicato.

Accadeva di certo cosí nel 1866 a Sant’Andrat di Corno di Rosazzo, dove in una trattoria, che era stata aperta solo due anni prima dalla famiglia Tuzzi, venivano firmati i preliminari, rettificati poi nell’Armistizio di Cormòns, che sancivano la fine della Terza Guerra di Indipendenza e la futura annessione del Veneto e del Friuli all’Italia.

Da allora in poi, quella trattoria che ancora oggi si trova in un piccolo piazzale, tra le località di Quattroventi e Sant’Andrat, lungo la statale 356 che conduce da Cormòns a Cividale, diventò per tutti l’Osteria “All’Armistizio 1866”.

E da allora uno dei piatti di quel famoso servizio in cui mangiarono coloro che decisero le sorti di quei territori, fu posto dall’oste Simone Tuzzi in bella mostra, in una vetrinetta di legno con una targhetta in ottone dove ancora oggi si legge “Qui nel 1866, i generali Cialdini, Petitti, Giulaj, Radetzky si incontrarono per definire le disposizioni preliminari di armistizio. In questo cimelio essi al termine del lavoro consumarono cameratescamente una frugale colazione”.

L’osteria storica, chiusa nel 2002 e gestita fino ad allora dalle sorelle Princivalle, Liliana, Alice e Maria, riaprirà le porte sabato 13 agosto, nell’ambito di una manifestazione voluta dai comuni di Corno di Rosazzo e di Cormòns, per i 150 anni dalla fine della Terza Guerra d’Indipendenza.

Questo evento causò profondi mutamenti economici del territorio e portò a Corno di Rosazzo e nei paesi vicini le attività dei seggiolai provenienti da Mariano, in seguito alla politica di defiscalizzazione del ministro Quintino Sella, ponendo cosí le basi dello sviluppo del futuro “Triangolo della della sedia”.

Ma torniamo alla storica osteria, nel cui sito, sabato, a partire dalle 20, sarrà proposto un brindisi d’accoglienza, con la degustazione dei cibi dell’epoca, il sottofondo musicale dell’orchestra di ottoni di San Marco di Pordenone, e gli approfondimenti storico-economici dell’architetto Paolo Coretti, i professori Anna Lombardi e Bernardo Pittino, il dirigente del Malignani di San Giovanni, Andrea Carletti.

La Grande Storia passò, dunque, per l’” Armistizio 1866”. Liliana, classe 1935, nipote di Vittorio Tuzzi (che con i suoi due fratelli, tra cui l’oste Simone, erano proprietari e gestori di tre locali annessi, l’osteria, la macelleria e il tabacchino), ricorda con nostalgia come fin da piccola, con la mamma Elvira e la zia Olga, avesse vissuto e poi lavorato all’Armistizio, in quella casa che i nonni avevano costruito con le pietre dello Judrio. «Il piatto famoso - continua Liliana - stava in una piattaia a muro e veniva sempre segnato a dito agli avventori. In seguito ci segnalarono che quella targhetta era sbagliata, per lo meno nelle figure di Giulay e Radetzky». Quest’ultimo, infatti, nel 1866 era morto da ormai otto anni.

Contrarimente a quanto possa sembrare a prima vista, racconta Liliana, il piatto non rappresenta il profilo di un cavaliere, ma da sempre veniva indicato come il piatto della “bersagliera”, una donna quindi. In occasione della riapertura commemorativa dell’osteria, il Comune di Corno di Rosazzo, riproporrà una quarantina di piatti sul modello dell’originale, che sono usciti dalle mani della ceramista di Corno di Rosazzo Stefania Princivalle, che è proprio la nipote di Liliana. L’osteria oggi è quella di allora: il lampione in ferro battuto è ancora quello storico, mentre l’insegna è stata ridipinta sul muro.

Liliana si ricorda di un’altra insegna in ferro battuto con i volti dei famosi quattro (di cui due improbabili) generali, trafugata dai tedeschi dopo la Grande Guerra.

Da quel lontano 1866, l’osteria ha continuato a “registrare” pezzi di storia nei suoi locali, accoglienti e intimi, con un bel fogolâr friulano sulla destra, le foto storiche d’epoca sulle pareti, e la vetrinetta con il piatto della dell’Armistizio o della “bersagliera”. «Con pollastri e con spaghetti , fegatini e selvaggina ogni lite si combina, in sorriso armistiziale ogni attrito piú non vale». Questa una delle tante dediche nei tre album che, dal 1955 al 1983, raccolgono le firme e le rime degli avventori.

Alti ranghi militari e allegre compagnie di giovani, ma anche di celebrità: tra cui quella di Vittorio De Sica (la sedia in legno sui cui lui sedette fu fatta incidere e viene tutt’ora conservata nel locale), del pittore Giorgio Celiberti, dell’ospite fisso il pugile Nino Benvenuti. Per tutti dal 1955 e forse anche da prima, le lodi alla cucina: le carni alla griglia, il salame, il vino e l’insuperabile pollo alla diavola. «Dopo aver gustato il pollo, siamo sazi fino al collo, questo è un buon inizio, viva viva l’Armistizio».

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