Ksenija, porto in scena la mia terra

“Diario di una casalinga serba” da domani al 22 al San Giorgio
Di Fabiana Dallavalle

UDINE. Ksenija Martinovic, attrice serba di Belgrado, da molti anni in Italia, in scena da domani fino al 22 novembre al teatro San Giorgio, è una giovane donna dallo sguardo pulito capace di concretizzare in un paio d'anni il proprio sogno di un racconto teatrale che le assomiglia e che in questi giorni è purtroppo anche di dolorosa attualità.

Il suo Diario di una casalinga serba, prima produzione del progetto triennale StartArt, assegnato dal Css Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, e già premiato nel 2014, con il Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro, è infatti la storia di una giovane donna che ripercorre attraverso un diario intimo, la storia Balcanica e le sue devastanti conseguenze su una intera generazione di giovani che non erano pronti a ritrovarsi adulti così presto.

«Conoscevo il libro di Mirjana Bobic. Poi quando è stato tradotto in italiano l’ho riletto. Volevo lavorare su qualcosa che avesse a che fare con le mie radici e con una città, che conosco bene».

Ksenija, madre a Belgrado e padre a Udine da vent’anni per lavoro, si è diplomata tre anni fa alla Civica Accademia Nico Pepe di Udine.

«Il libro è scritto in prima persona. Si prestava a diventare un monologo adatto alla scena, al mio passato e al momento storico. Ho lavorato sulla drammaturgia ma avendo una formazione attoriale sentivo il bisogno di una sguardo dall'esterno. L’incontro con Fiona Sansone a Roma, mi ha permesso di raccontare un personaggio che avevo amato immediatamente per la sue molte sfumature e al contempo per la capacità di vivere con semplicità in un momento storico estremamente difficile. Il primo passaggio quando abbiamo cominciato a lavorare al progetto, aggiunge la regista, è stato quello di farle attraversare con il corpo tutti i personaggi presenti nel libro: la madre, il padre, il fratello. Angelka rivive davanti al pubblico i suoi ricordi, l'infanzia nella Yugoslavia di Tito, la sua adolescenza e maturità nella Serbia di Milosevic. Poi la seconda cosa che bisognava fare era mantenere l'innocenza di questa donna che è il paradigma della sconfitta di tanti uomini e donne».

Lo spettacolo, per trentadue persone, consentirà al pubblico di vivere la mise en espace, con molta intimità. «Essere Angelka, una donna che ha sogni di normalità, spiega ancora Ksenja, in una città e con una famiglia che segnano indelebilmente il suo destino, dice quanto siano importanti i luoghi da cui veniamo e le nostre radici. Questa mattina, dopo aver cercato i miei amici a Parigi, per sapere se stavano bene, mi sono sentita triste, arrabbiata e impotente. Oggi internet può aiutarci a comprendere. Angelka è anche la consapevolezza che si deve ricordare».

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