Il libro più difficile di Enrico Galiano: «Racconto la storia dei miei due padri»

Esce martedì prossimo Geografia di un dolore perfetto, primo lavoro autobiografico dello scrittore pordenonese

Il professore e scrittore pordenonese Enrico Galiano torna nelle librerie con un romanzo autobiografico
Il professore e scrittore pordenonese Enrico Galiano torna nelle librerie con un romanzo autobiografico

UDINE. «Questa è la mia storia. La mia, e quella dei miei due padri». È subito chiaro, da poche righe in premessa, oltre che dal titolo, “Geografia di un dolore perfetto”, in uscita martedì per Garzanti, che con questo suo nuovo libro, decisamente diverso dai precedenti, «il più difficile, sì», Enrico Galiano, lo scrittore e professore amatissimo, tanto a scuola quanto sui social, dove è popolare come una rockstar, si mette a nudo.

Ci è voluto coraggio per scriverlo. Per raccogliere il dolore ed elaborarlo, dopo ciò che era successo. «È diverso dagli altri miei libri perché sono io a non essere più lo stesso».

Detto - per fornire qualche indizio al lettore - che il romanzo indaga il rapporto più antico, autentico e complicato, quello fra figlio e genitore, la storia che si dipana in quasi trecento pagine è si dichiaratamente autobiografica, ma alcuni aspetti della realtà sono modificati, «non per camuffare la verità – dice Galiano – ma per farne scaturire l’essenza. Il paradosso è infatti che le parti inventate raccontano più profondamente quello che ho provato».

Villaggio vacanze in Croazia. Famiglie felici, pelli abbronzate, musica. È il tramonto, tutti stanno ridendo o ballando, bevendo sangria. Ma in mezzo alla pista c’è un uomo che piange. Nemmeno si vergogna, piange e basta, e se ne frega se tutti lo guardano.

«Ecco: quell’uomo lì, quello che piangeva, ero io», racconta lo scrittore, conducendoci nelle prime pagine del romanzo, il cui protagonista si chiama Pietro. Pietro che ha sempre avuto due padri, quello naturale, Nando, con il quale non ha mai avuto un rapporto vero e Paco, quello che lo ha cresciuto, seppure, a volte, da lontano. Quello che «è anche grazie a lui se sono la persona che sono oggi», dichiara Galiano. Pietro che piange perché Paco lo ha appena chiamato al telefono, da Tenerife, e sta morendo.

Pietro, che non lo vede da undici anni e che si sobbarca in meno di 24 ore un rocambolesco e a volte anche comico viaggio alle Canarie per riuscire nell’impresa di dire al padre una cosa che non gli ha mai rivelato prima. La situazione si fa però grottesca quando all’imbarco, al “Marco Polo” di Venezia, si presenta anche Nando, l’altro papà…

«Ero davanti a quel letto d’ospedale, la persona che avevo davanti non si svegliava, ma io dovevo parlargli. Che fare? Con gli anni ho capito – continua Galiano, ricordando quei giorni vissuti nemmeno un anno fa – che in momenti così per me è più saggio scrivere, ed è quello che ho fatto. Ma non riuscivo a dire tutto, ero troppo coinvolto, per questo ho creato una situazione leggermente diversa, prendendo un po’ le distanze».

Scelta che ha permesso alla storia di Galiano di diventare una storia di tutti, e per tutti.

Che parla ai figli e parla ai padri. Ai primi suggerisce che la parte migliore, la più bella dei genitori sono le loro debolezze, il loro lato più umano, «le mancanze, gli errori nei quali magari si riconosceranno».

Ai padri, viceversa, “Geografia di un dolore perfetto” consiglia di mostrare tutte le proprie fragilità. «Il mito dei genitori eroici, senza macchia né paura, è del tutto falso», spiega lo scrittore.

Anche in questo suo ultimo libro Enrico Galiano, come capita spesso, ha coniato un neologismo perfetto per tradurre lo stato d’animo di Pietro. E il suo: “spezzanza”. «Sentirsi spezzati – dice –. Lo vedo in fondo agli occhi di tanti a cui chiedo “come stai” e capisco che qualcosa non si è ricomposto. Io ho commesso l’errore di non guardarla, di credermi forte, ma questa storia mi ha aiutato a fare un po’ pace con la mia “spezzanza”». —

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