Il Friuli primo a entrare nella lotta ma anche l’ultimo a uscirne

Gianfranco Ellero
In questi giorni è doveroso e giusto tributare reverente ricordo agli eserciti Alleati e alle forze della Resistenza che con grande sacrificio riuscirono a ridarci la libertà nella primavera del 1945.
Ma il 75° anniversario dovrebbe essere anche l’occasione per illustrare agli italiani, e agli stessi friulani, in particolare ai giovani, i tratti che rendono speciale e unica la Resistenza friulana.
Le fonti storiche sono abbondanti e varie, in questi giorni anche in rete per lodevole iniziativa dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione.
Quel che ancora manca, a nostro giudizio, è un’efficace azione didattica mirata a illustrare i caratteri distintivi della Resistenza friulana al cosiddetto “uomo della strada”, segnalando per confronti la nostra “specialità”, nella quale si trova talvolta la chiave interpretativa di fenomeni più vasti (Porzus, ad esempio).
Il nostro contributo al 75° consisterà, quindi, in tre” prove didattiche”.
Per un’analisi comparativa partiremo dalla Città di Bologna, liberata il 21 aprile da reparti del rinato Esercito italiano, fra essi la Brigata Friuli, e da forze partigiane: mentre da sud entravano i liberatori, a nord si stavano ritirando i tedeschi.
A Udine, invece, mentre da ovest, nel pomeriggio del I° Maggio 1945, stavano entrando americani e neozelandesi, da est arrivarono i partigiani sloveni del IX Korpus, che il giorno seguente dissero a chiare lettere di voler partecipare al controllo del territorio fino al Tagliamento! Naturalmente gli Alleati e le forze della Resistenza, rappresentate da Candido Grassi – Verdi e da Mario Lizzero – Andrea, respinsero la proposta, ma la situazione rimase ambigua fino al 12 giugno, quando la Linea Morgan, passando sul Carso da Trieste a Tarvisio, separò le forze in campo.
In quale altra regione si verificò una situazione paragonabile alla nostra? Risulta forse che il “maquis” francese abbia ordinato ai reparti della Resistenza piemontese di passare ai suoi ordini, come fece il IX Korpus sloveno nei confronti dei friulani, e poi, entrando a Torino, abbia preteso di partecipare al controllo del territorio, in ipotesi fino alla Dora Baltea?
Come dovrebbe essere noto, nell’agosto 1944 i tedeschi importarono nella nostra regione decine di migliaia di cosacchi, che, con le famiglie al seguito, si stanziarono prevalentemente in Carnia: dovevano controllare e reprimere le forze della Resistenza locale e, a guerra finita, quella sarebbe stata la loro nuova patria. I tedeschi la chiamarono Kosakenland in Nord-Italien, e i nuovi arrivati iniziarono a mutare la toponomastica. Verzegnis, ad esempio, la loro capitale, fu ribattezzata Stanitsa Tèrskaja; Cavazzo divenne Krasnodar; Trasaghis, Novorossjisk …!
Se si vuol conoscere lo stupore che la presenza dei cosacchi in Carnia suscitò in una persona di elevata cultura negli anni Novanta, cioè mezzo secolo dopo gli eventi, si legga “Kosakenland in Italien” di Noemi Calzolari, regista Rai, nel volume “I Cosacchi in Italia 1944-45”, Atti del Convegno di Verzegnis a cura di Adriana Stroili (Andrea Moro editore, Tolmezzo 2008).
Per la cultura storica italiana la Resistenza iniziò il 10 settembre 1943 a Porta San Paolo, Roma, ma noi dobbiamo ricordare lo scontro dell’8 settembre a Coccau, attestato da Michele Gortani nel volume “Il martirio della Carnia”: quel giorno poco più di 200 alpini agli ordini del tenente colonnello Giovanni Jon, sbarrò il passo a un reparto tedesco, e si fece quasi sterminare prima di arrendersi: 21 morti e 180 feriti in ventiquattr’ore.
Anche la fine della lotta, fissata al 25 aprile, va per noi posticipata di molti tragici giorni: attachi partigiani alle colonne in ritirata sulla Pontebbana, battaglia di Ovaro contro i Cosacchi, eccidio di civili a Feletto e in altri paesi, uccisione del Parroco di Venzone...
E poi Tolmezzo liberata il 6 maggio, ma, come si legge nel Decreto del Presidente della Repubblica che attribuisce alla gente carnica la medaglia d’argento per la Zona libera, la Resistenza “in Carnia si poté considerare conclusa solo il 10 maggio 1945”.
Primo a entrare nella lotta, quindi, il Friuli, ultimo a uscire. —
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