I verbali delle sedute: cosí si autogovernava la Patria del Friuli

La parola “parlamento” evoca, nei cosiddetti “uomini della strada”, un organo assembleare eletto dal popolo, e dunque un assetto politico “democratico”; ma il Parlamento della Patria del Friuli era composto da potentati (clero, nobili, comunità) che occupavano un seggio per un diritto che derivava dalla loro posizione sociale. Senza le opportune puntualizzazioni la parola “parlamento” comunica un concetto distorto, e per questo sono benvenuti gli studi sull’argomento.
C’è solo da augurarsi che non rimangano noti soltanto agli specialisti, perché nell’immaginario collettivo dei friulani, fra i fattori di identità ci sono la marilenghe, alcuni piatti tipici, i vini, le sagre paesane, “Stelutis alpinis”, le villotte (dei cori organizzati): raramente l’aquileiesità, latina e cristiana, e il Parlamento della Patria del Friuli. Possiamo dire che la piramide dei valori identitari è rovesciata, e si può capire il perché: la comprensione e la fruizione speculativa dell’eredità aquileiese e della struttura patriarcale sono possibili soltanto in persone che possiedono il necessario retroterra culturale e ne capiscono l’importanza fondativa e nutritiva per la civiltà locale.
È per tutte queste ragioni che il volume intitolato “Il Parlamento Friulano in Età moderna. Verbali delle sedute (1471-1805)” a cura di Laura Casella, edito da Forum, che sarà presentato oggi da un gruppo di illustri relatori, merita l’attenzione degli studiosi e di tutti coloro che vogliono risalire alle loro radici culturali e storiche.
Si tratta di una edizione di fonti, cioè – scriviamo per i “non addetti ai lavori” – di un libro di documenti, ovviamente trascritti e all’occorrenza tradotti e chiosati con criterio scientifico, che consente ai lettori di conoscere l’origine delle informazioni esposte dagli storici nei loro racconti.
Il volume ricostruisce la seconda parte della vita di una secolare istituzione, formatasi nella prima metà del Duecento e morta nei primi anni dell’Ottocento.
Il primo documento che dimostra l’esistenza di un Parlamento della Patria del Friuli, in via di formazione spontanea, porta la data del 1228, e dunque precede di tre anni la celebre sentenza della dieta di Worms con la quale veniva affermato l’obbligo per i príncipi dell’impero di riunire i maggiorenti delle loro province e di ottenere il loro assenso prima di imporre nuovi aggravi o di introdurre nuove leggi.
Nacque allora un organo costituzionale della Patria del Friuli, che dapprima adoperò il suo potere impositivo, e di seguito, inevitabilmente, quello legislativo.
Le leggi, chiamate “Constitutiones Patriae Foriiulii”, furono poi raccolte in un codice dal Patriarca Marquando di Randeck, promulgato a Sacile l’11 giugno 1366.
Ma dopo la conquista veneziana del 1420, il Parlamento, presieduto dal Luogotenente veneto, non più dal Patriarca, muta la sua natura istituzionale perché la Patria diventa parte della Repubblica veneta. Ha, quindi, meno poteri di prima – non può, a esempio, dichiarare la guerra – ma rimane pur sempre un organo rappresentativo della Patria, anche se mutilato del Friuli goriziano dopo la guerra del 1508-1516.
Secondo Nievo, Leicht, Tagliaferri, Menis, Muir e altri, a partire dalla seconda metà del Quattrocento il Parlamento era un “simulacro”.
Sferzante il giudizio di Nievo: «Certo, per coloro che avevano ereditato molti diritti e pochi doveri e intendevano continuare l’usanza, San Marco era un comodissimo patrono. (...) Quale il Friuli gli era stato legato dai patriarchi di Aquileia, tale l’aveva serbato colle sue giurisdizioni, co’ suoi statuti, co’ suoi parlamenti. Fantasma di vita pubblica ...».
Secondo Menis Venezia perpetuò «il Medioevo feudale del Trecento friulano fino alle soglie dell’Ottocento». E Muir, l’americano, denuncia la pratica del “governo indiretto” della Patria tramite i Savorgnan, con conseguenze che ben si videro nella Joibe grasse del 1511.
L’analisi delle fonti consentirà anche ai comuni lettori di capire se, e fino a che punto, questi giudizi sono fondati.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto








