I Manetti Bros. in regione, mini-tour speciale alle origini di Diabolik

I registi da lunedì in Friuli Venezia Giulia per presentare l’ultimo film della trilogia sul Re del Terrore girato anche a Trieste e tra Udine e Gorizia. «Felicissimi di tornare qui»

Elisa Grando
Miriam Leone e Giacomo Gianniotti in “Diabolik - Chi sei?” (Foto Nicole Manetti)
Miriam Leone e Giacomo Gianniotti in “Diabolik - Chi sei?” (Foto Nicole Manetti)

Tre tappe, una sorta di mini-tour specialissimo in Friuli Venezia Giulia per svelare il passato misterioso di Diabolik: i Manetti Bros. sono in arrivo in regione con “Diabolik – Chi sei?”, l’ultimo capitolo della loro trilogia sul Re del Terrore dei fumetti ancora interpretato da Giacomo Gianniotti, con Miriam Leone nei panni di Eva Kant e Valerio Mastandrea in quelli dell’ispettore Ginko.

I Manetti saranno lunedì sera alle 20.45 a Cinemazero di Pordenone, martedì 5 dicembre alle 20.30 al Cinema Visionario di Udine e infine mercoledì 6 dicembre a Trieste, alle 21.15 al cinema Nazionale.

In più terranno un incontro aperto al pubblico anche alla Mediateca La Cappella Underground di Trieste, sempre il 6 dicembre alle ore 18. “Diabolik – Chi sei?”, come i due capitoli precedenti, è stato girato anche nel capoluogo giuliano e in altre location tra Udine e Gorizia.

«Siamo felici di tornare in una regione che amiamo moltissimo», dicono i registi. «Trieste è ormai un pezzo di casa nostra, a Udine c’è quello che riteniamo il più bel cinema d’Italia, il Visionario.

E per la prima volta andiamo a Pordenone, che è una delle città italiane più rock, del Great Complotto in poi». Domani sera i Manetti Bros. saranno al Visionario anche alla fine della proiezione di “La guerra del Tiburtino III” di Luna Gualano, che hanno firmato come produttori.

Che effetto vi fa salutare Diabolik?

«Siamo contenti di prendere una pausa dalla sua oscurità, ma anche soddisfatti. Questo terzo film è intrigante perché rivela il passato di Diabolik: le autrici, le sorelle Giussani, l’avevano fatto scoprire nell’albo numero 107. Si capiscono le sue origini, ma resta un personaggio misterioso».

Quanto vi siete ispirati, anche questa volta, al fumetto originale?

«Siamo lettori appassionati del fumetto: l’abbiamo approcciato con la voglia dei fan di riportare sullo schermo quelle emozioni. La fedeltà però, ci siamo accorti facendolo, non esiste: ogni lettore può immaginare Diabolik in un altro modo, magari non come gli attori che abbiamo scelto. Non è una visione esatta della tavola, ma un lavoro su come noi vedevamo il fumetto».

C’è però una minuziosa ricostruzione di Clerville e Ghenf, le città di Diabolik, anche in costumi e ambienti…

«La cosa più difficile, e anche la più bella, è stato proprio il gioco della ricostruzione storica. Sono film in costume, ma in un paese immaginario e in più epoche: il primo è ambientato nella metà degli anni ’60, il secondo alla fine e il terzo negli anni ’70.

Anche nella regia e nella fotografia ci siamo divertiti a girare come ci sembravano i film in quelle epoche. Alcuni hanno scambiato questa scelta per la fissità del fumetto, mentre per noi era proprio lo stile un po’ impostato degli anni ’60. “Diabolik – Chi sei?” però è molto più movimentato».

Com’è che Trieste, città seriosa in altri contesti, è diventata ai vostri occhi città da fumetto?

«Il fumetto è molte cose, c’è Topolino e c’è Diabolik, Zerocalcare e Spider-Man, Lupo Alberto e Crepax. Diabolik è un fumetto serio, pulito, lineare: questa città mitteleuropea che sembra quasi un plastico disegnato, tant’è bella, si adattava molto alla seriosa Clerville, che si oppone a Diabolik, anarchico e spirito libero. Inizialmente abbiamo scelto Trieste per ambientare Ghenf, sul mare. Ma poi la sua bellezza, e l’ospitalità dei triestini e della Fvg Film Commission, ci hanno convinti a girare lì anche una parte di Clerville».

Nel cast c’è anche Monica Bellucci: com’è entrata nell’universo dei Manetti Bros?

«Monica interpreta Altea, la duchessa di uno stato straniero, famosissima, inseguita dalla stampa: è un’icona anche all’interno dell’universo di Diabolik, e in questo le somiglia. Abbiamo subito pensato che fosse perfetta. Monica è straordinaria, si mette moltissimo a disposizione del film che gira. Avevamo paura di trasformarla fisicamente, invece lei ci teneva il più possibile ad assomigliare ad Altea».

I vostri film non abusano mai in effetti speciali: quanto c’è di artigianale e quanto di digitale in “Diabolik – Chi sei”?

«Il digitale ha un grande limite: non lo vedi sul set. Quindi proviamo a fare tutto dal vero e, quando la verità non ci arriva, interviene il digitale. In “Diabolik”, giocando a fare il film vecchio stile, ci siamo divertiti a farlo notare anche in modo un po’ posticcio, perché ci ricorda i film di James Bond degli anni ’60.

Per esempio, abbiamo realizzato dal vero una Jaguar che si alza sulle ruote per passare sul ponte: abbiamo preso una scocca uguale a una Jaguar, in vetroresina leggerissima, e l’abbiamo appoggiata su una specie di go kart elettrico.

È l’invenzione di una vera eccellenza triestina, il costruttore di scena Carlo Furlan, che ci ha lavorato per mesi. Le maschere invece sono realizzate dal vero da Sergio Stivaletti, ma con un aiuto del digitale. Mentre sono tutte in digitale le immagini del castello sull’isola legate al passato di Diabolik».

Quali sono i prossimi passi dei Manetti Bros?

«Siamo al montaggio del nostro prossimo film “US Palmese”, storia di un calciatore professionista fortissimo che però ha un brutto carattere e viene cacciato dalle squadre di serie A.

Per rifarsi l’immagine accetta di giocare nella piccola squadra di un paesino calabrese, ma non è facile come pensava. Ci teniamo moltissimo: Palmi è il paese calabrese di nostra mamma, e fare un film sul calcio è un’operazione rischiosa. Dopo aver giocato con un’icona come Diabolik siamo tornati a fare una cosa completamente nostra, con i toni più leggeri della commedia».

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