I disertori del Duce, in tantissimi s’imboscarono

Il libro di Franzinelli fa nomi e cognomi dei generali che fucilarono centinaia di persone
Di Timothy Dissegna
Bumbaca Gorizia 21_05_2016 èStoria 038 Disertori © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 21_05_2016 èStoria 038 Disertori © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Che la Storia celebri i vinti, non è cosa nuova: i libri celebrano i generali vittoriosi, non gli sconfitti. Esiste però ancor chi non si accontenta di questa visione degli eventi, volendo raccontare anche la "faccia oscura della luna": tra questi c'è lo scrittore Mimmo Franzinelli, che ha dedicato il suo ultimo libro proprio ai Disertori. Una storia mai raccontata della seconda guerra mondiale (Mondadori, 2016).

Per raccontare questo capitolo misconosciuto del nostro Paese, l'autore bresciano è stato ospite ieri sera di Palazzo de Bassa, insieme ai giornalisti Mirella Serri e Alessandro Marzo Magno. E il quadro che ne è uscito fuori è tutt’altro di casi isolati, legati prevalentemente all’antifascismo: le spiegazioni dietro alla fuga sono tra le più diverse possibili infatti.

Innanzitutto, il fenomeno della diserzione è intrinseco nel nostro dna: come ha sottolineato Marzo Magno, infatti, «noi italiani siamo specializzati a ricordare ciò che non ci piace», dimenticandoci di conseguenza che, di fronte alla chiamata alle armi e ancora di più dopo la caduta del Duce, tantissimi decisero di imboscarsi per non aver più nulla a che fare con il regime. «In pochi, ha chiarito Franzinelli, avevano una coscienza politica chiara: non necessariamente, quindi, chi fuggì scelse i partigiani».

«Comunque sia, come ha spiegato Serri, chi disertava lo faceva contro la patria fascista ed erano così tanti, fin dal ’39, che lo stesso Mussolini ne rimase sconvolto. Ciò non alleggerì assolutamente le repressioni che, anzi, furono spietate ed esemplari anche dopo la fine del conflitto. Paradossale è la dicitura che i tribunali incaricati di perseguire i colpevoli dal ’45 in poi assunsero: “soppressi”, ma solo di nome.

Il libro di Franzinelli fa nomi e cognomi di generali e altri ufficiali che non si fecero scrupolo a fucilare centinaia e centinaia di persone. Al tempo stesso, questi erano capaci di rubare ma nessuno gli diceva nulla: la giustizia valeva solo per chi si rifiutava di eseguire gli ordini più meschini, venendo puniti se si rifiutavano anche dopo l’armistizio: di fronte alle prove, i generali che diedero l’ordine di esecuzione riuscirono a trovare scuse assurde e, incredibilmente, a passarla liscia. Il senso di ingiustizia temere forte dai raconti dell'autore, che mostrano tantissimi volti diversi scappati per altrettanti motivi. Se ancora oggi fatichiamo ad affrontare quel passato è perché abbiamo spesso voltato le spalle a una Storia che non ci piaceva. Ma un Paese «forte con i deboli e debole con i forti», come diceva Nenni, è destinato a vivere in un presente illusorio.

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