Guolo: la protesta islamica è un enorme sommovimento

PORDENONE. Tema di strettissima attualità, il rapporto, sempre piú esplosivo, tra Islam e Occidente sarà domani, alle 15.30 al centro dell’incontro promosso a Pordenone dall’Irse, per “Confini e...

PORDENONE. Tema di strettissima attualità, il rapporto, sempre piú esplosivo, tra Islam e Occidente sarà domani, alle 15.30 al centro dell’incontro promosso a Pordenone dall’Irse, per “Confini e identità” curato da Laura Zuzzi, a Casa Zanussi. Sarà illustrato da Renzo Guolo, docente di Sociologia dell’Islam e Sociologia della politica all’Università di Padova e firma di punta del gruppo editoriale L’Espresso. «La battaglia contro gli jihadisti dello Stato islamico (Is) è una terza guerra mondiale: sarà una lotta generazionale», ha affermato il re di Giordania Abdullah II, dopo avere incontrato il presidente americano Barack Obama alla Casa Bianca. È proprio cosí? «Sicuramente per il mondo islamico – conferma Guolo – è una partita importantissima, ma ha riflessi anche in Occidente perché si tratta sostanzialmente di combattere una deriva islamista radicale che può produrre un sommovimento enorme in termini geopolitici nel Medio Oriente, ma si può radicalizzare in maniera estrema toccando anche altri ambiti. Come dimostra la preoccupante adesione all’Is di migliaia di giovani anche occidentali». Era prevedibile una deriva in questo senso dell’integralismo islamico? «Questa è l’onda lunga di un ciclo politico di qualche decennio, che si è dimostrata impermeabile anche alle sconfitte militari. Perché quello che è successo è stata la penetrazione ideologica,che ha fatto leva su un’insofferenza molto diffusa nel mondo islamico, soprattutto tra le fasce giovanili. Ideologia effetto della globalizzazione: tanto piú il mondo si omologa tanto piú nascono reazioni identitarie che cercano ancoraggio nei miti fondativi o in interpretazioni sin troppo alla lettera della religione». Quanto ha pesato, se ha pesato, in questo il conflitto isarelo-palestinese? «Questi movimenti si muovono ormai su un piano autonomo. Quell’ideologia non nasce all’interno della dimensione palestinese e non è un caso che si sviluppi prima in Egitto e poi in Pakistan e poi da qui decolli per altri lidi». Che cosa può fare l’Occidente, sinora i suoi interventi si sono limitati a fermare la marcia degli jihadisti in Turchia? «La dimensione militare è presente e una sua sconfitta sarebbe un gravissimo problema. Oltre a ciò l’Occidente può cercare di togliere l’acqua in cui nuotano i pesci radicali. Questo significa favorire e collaborare con i paesi mussulmani che all’Is e alla sua ideologia si oppongono in una fortissima battaglia di contrasto a questa formazione politica. Battaglia che è soprattutto culturale, per sviluppare una politica non di mera repressione, ma di inclusione, di apertura democratica. Il contrasto militare è necessario ma non sufficiente».

Mario Brandolin

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