Fede, viaggi e anime da salvare nel film prodotto da Fasulo

laura pigani
C’è una credenza che dal Tardo Medioevo ha bussato fin quasi alle porte dell’età contemporanea, con il suo lascito mistico intriso di speranza e amore. È quella del “miracolo del respiro”, non gradito dalla Chiesa, che spingeva molti fedeli, in genere madri disperate, a intraprendere viaggi faticosi per riportare temporaneamente in vita i loro bimbi nati morti, giusto il tempo per liberare un soffio d’aria che concedesse loro di essere battezzati e di avere, così, salva l’anima.
Uno di questi pellegrinaggi, intrapreso da una giovane mamma, sarà il soggetto del film Piccolo corpo, opera prima della regista triestina Laura Samani e sulla quale scommette la sanvitese Nefertiti Film di Nadia Trevisan e Alberto Fasulo. Dopo tanti cortometraggi alle spalle, Samani punta a fare il salto con una pellicola più impegnativa, forte dei riconoscimenti collezionati. Il progetto ha vinto l’ottava edizione di “When East Meets West” e il premio Re-Act (per Nefertiti film è un bis, dopo “Menocchio” firmato dallo stesso Fasulo), ha il sostegno di Mibact, Rai Cinema, Fondo Audiovisivo del Fvg e Fvg Film Commission ed è stato sviluppato con Torino Film Lab e Maia Workshops.
In un’epoca in cui la fede muoveva azioni e pensieri, l’uscire dai binari tracciati dalla Chiesa minava la salvezza eterna. E un bambino partorito senza vita non poteva ricevere il primo Sacramento ed era per questo destinato al limbo, senza sepoltura in terra consacrata. Una conseguenza inaccettabile per un cattolico. Per questo i santuari – tre in Carnia – dove si compiva “il miracolo” diventavano meta di pellegrinaggi da tutta Europa. «Il film – spiega Samani, 29 anni e in tasca il diploma di regia del Centro sperimentale di cinematografia di Roma – segue il filone del realismo magico e si ispira a fatti realmente accaduti. Secondo la tradizione cattolica, infatti, può essere battezzato soltanto chi è in vita. Questa è una storia che parla dell’imparare a lasciare andare le cose e di cosa te ne fai della memoria di quelle che ti sono rimaste». Protagonista è la giovane Agata, che ha dato alla luce una bambina morta e si mette in cammino verso uno dei luoghi in cui alcune donne sono in grado di far rivere la piccina il tempo di un respiro, nella speranza di salvarle l’anima. È un film on the road, un viaggio di formazione che compie la fanciulla, accompagnata da uno sconosciuto incrociato in marcia, di nascosto dal resto della famiglia, che l’avrebbe voluta tranquilla a casa magari a pensare a un’altra gravidanza. Dalla laguna, dove vive, Agata si sposta verso nord con il suo fagottino. «I fatti, in realtà, rimandano soprattutto al periodo della Controriforma, mentre il soggetto – spiega Samani – è ambientato nei primi del Novecento: volevo raccontare anche i grossi cambiamenti della società, come ad esempio il passaggio dai mezzi agricoli alle macchine».
Il film, sceneggiato dalla regista con Elisa Dondi e Marco Borromei, è una coproduzione italiana, francese e slovena e sarà girato in autunno in regione, con un veloce blitz in Veneto. «L’idea è di non utilizzare attori, ma persone vere, del posto – annuncia –, che sappiano rappresentare i luoghi e siano aderenti al contesto dell’epoca». Le riprese attraverseranno il Friuli e toccheranno Carnia, Val Pesarina, altre zone delle province di Udine e Pordenone. Nei prossimi giorni, invece, via ai casting (dalle 10 alle 20): il 18 al centro polifunzionale di via Goldoni a Latisana; il 25 ad Amaro nella sala associazioni del municipio e il 26 al Centro Socio-culturale di via Caduti 2 Maggio a Ovaro. Ci si dovrà presentare senza trucco e con la copia di un documento d’identità. —
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