Ecco Zhang Yimou, il Feff chiude con una leggenda
Il regista cinese giovedì protagonista della masterclass aperta al pubblico. La proiezione di “lanterne rosse”. In serata riceverà il gelso d’oro alla carriera

Sebbene sia opulenta la produzione cinematografica cinese e fragorose le firme di alcuni maestri della Repubblica Popolare, nessuno ha il privilegio di far compagnia in cima all’empireo (che per Dante è la sede dei beati) a Zhang Yimou, il regista della cosiddetta Quinta generazione che prima di altri avvicinò la Cina all’Occidente con un film: Raise the Red Lantern, “Lanterne rosse” (1991) uno dei titoli più conosciuti in Europa di una opera asiatica, anche se il primo accosto al cinema lui lo fece nel 1988 con “Sorgo Rosso” col quale vinse l’Orso d’oro alla Berlinale.
Il triste destino della bella Nove Fiori promessa sposa di un ricco anziano malato di lebbra.
Ebbene, la notizia dell’arrivo al Feff del cineasta non è certo la novità del giorno, tutt’altro.
Da tempo la visita di questo signore settantaquattrenne che vive in una specie eden personale alla periferia di Pechino, è stata ben che strombazzata sui media italiani, anche perché non accade spesso che personaggi orientali di così alta caratura accettino inviti dei festival italiani.
Ci è riuscito il Far East film Festival, al suo ventiseiesimo giro, ma come rivela il presidente Sabrina Baracetti «sono anni che stiamo lavorando affinché ciò accada. Poi il Covid rovinò i piani, senza però spezzarli, fortunatamente».
E ora il dove e quando: giovedì 2 maggio, alle 9.30, tutti in sala per la proiezione di “Lanterne rosse” pellicola internamente restaurata e tornata a rivivere grazie a una joint venture fra lo stesso Feff e la cineteca di Bologna a cui seguirà una masterclass di Yimou, occasione unica (che mai si ripeterà in Italia) per ascoltare il suo credo filmico.
L’agenda rivela altri appuntamenti imperdibili, ovvero una serata di altrettanto glamour (sempre il 2 maggio intendiamo, alle 19.30), con la consegna a Zhang Yimou del Gelso d’oro alla carriera, cui seguirà la proiezione di “Vivere” in 4k, targato 1994.
Ma non saranno i soli due titoli di quest’edizione che sta macinando spettatori come non mai nelle ultime apparizioni primaverili (smentendo T.S.Eliot e il suo Aprile è il più crudele dei mesi, tiè): oggi, mercoledì, è programmata l’international première del thriller “Under the light” (alle 14.30). Il regista, come ben spiega Maria Barbieri, “torna a rappresentare la società urbana contemporanea dopo più di vent’anni — dal tempo di “La locanda della felicità” del 2000 — mostrando un punto di vista inquietante: la corruzione che pervade tutti gli strati dell’amministrazione pubblica”.
Potremmo aggiungere: nulla di nuovo. Siamo curiosi di conoscere se la loro è peggio o meglio della nostra.
Per la statistica, che molti amano appuntarsi sul quadernetto, altra buona celluloide del costruttore di storie più stimato dalla Cina — fra l’altro, come abbiamo ricordato all’inizio, Zhang abita una specie di casa-museo in mezzo alla foresta con un lago nei paraggi e proprio in questo studio-abitazione vengono simulate molte scene dei film con in vista tutti i trofei vinti in carriera, si narra addirittura di cinquecento — è comparsa sul grande schermo del Feff: “Full River Red”, che chiuse la rassegna del 2023, e “Cliff Walkers”, 2021.
È doveroso, a questo punto, raccogliere informazioni su “Lanterne rosse” (candidato Oscar per il miglior film straniero) mostrato al Festival di Venezia e ancor oggi ricordato per aver spalancato le porte fra continenti che allora comunicavano ben poco.
L’Oriente cinematografico partecipava alla baraonda filmica occidentale con gli immancabili giapponesi samurai e kung fu, ma la Cina era ancora lontana, finché arrivò lui con la storia della bellissima Songlian (vogliamo fare un inchino al fascino di Gong Li?) che acconsente di sposare un uomo ricco, tale Signor Chen — c’ha la fissa il regista con questi matrimoni combinati, però, — nel ruolo di una delle varie concubine dell’uomo, il quale fa appendere una lanterna rossa fuori la porta della sposa scelta per quella notte.
Una critica della società degli anni 20 e, come riporta saggiamente Ross Chen, «un’accusa che può essere estesa a qualunque patriarcato e a qualunque sistema che metta, per mantenersi, le persone l’una contro l’altra».
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