Due donne assassinate a Udine: “Cronaca di un misfatto” del 1944

Un memoir che riporta alla luce un fatto di sangue avvenuto durante la Seconda guerra mondiale. Giovedì 7 marzo, alle 17.45 a Godia, la presentazione del volume

Paola Dalle Molle
La foto sulla copertina del libro Cronaca di un misfatto (Aviani&Aviani)
La foto sulla copertina del libro Cronaca di un misfatto (Aviani&Aviani)

UDINE. Un memoir che riporta alla luce un fatto di sangue avvenuto durante la Seconda guerra mondiale. Giovedì 7 marzo, alle 17.45 a Godia, la presentazione del volume.

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Cosa succede quando una vecchia foto che ritrae il proprio padre con una donna sconosciuta, scattata in tempi di guerra, riemerge da un cassetto dimenticato? Dopo un lungo lavoro di ricostruzione storica, esce in questi giorni: Cronaca di un misfatto.

Due donne assassinate nella Udine del 1944 (Aviani & Aviani Editore) di Elisa Meloni, che sarà presentato in Friuli-Venezia Giulia a iniziare da questa settimana: il primo appuntamento con la presentazione del libro si terrà infatti giovedì 7 marzo a Udine (appuntamento alle 17.45 nella sala del Centro parrocchiale san Giovanni Battista a Godia, per un evento organizzato in occasione della Giornata internazionale della donna).

Un memoir, come lo definisce l’autrice, che riporta alla luce la tragica storia di due donne assassinate a Udine durante la Seconda Guerra Mondiale. L’autrice ricostruisce la vicenda dopo un lavoro di ricerca piuttosto complesso, realizzato con la collaborazione di Paolo Strazzolini, docente dell’Università di Udine e cultore di Storia locale. «Tutto è iniziato – racconta – da una fotografia e dalla mia decisione di scoprire la storia della ragazza misteriosa ritratta con mio padre, che durante la guerra era stato assegnato a Udine come sottufficiale dei Carristi».

«In quella occasione – prosegue l’autrice del libro – giunto nel capoluogo friulano all’inizio di gennaio 1942, egli ebbe modo d’innamorarsi di una giovane udinese, Silvia Macuglia, con la quale si fidanzò ufficialmente e la coppia visse felice fino alla fine dell’anno quando, per motivi di servizio, avvenne il trasferimento in Sardegna e la conseguente separazione».

In concomitanza della resa dell’Italia avvenuta l’8 settembre 1943, seguita dal disfacimento dell’Esercito e dall’occupazione tedesca, le comunicazioni tra i due si interruppero e la giovane donna, del tutto estranea (come tutta la famiglia) a qualsivoglia attività politica e di coinvolgimento con il nemico occupante, entrò nelle mire di un Comandante partigiano garibaldino del luogo che prese a importunarla con insistenza.

Silvia Macuglia respinse le attenzioni dell’uomo, esponendosi così alla futile, terribile rappresaglia.

La sera del 10 ottobre 1944, alla testa di un manipolo di partigiani, l’uomo si presentò a casa della ventiduenne e, approfittando dell’assenza del padre, unico maschio in famiglia, la prelevò a forza con la minaccia delle armi.

Durante il tragitto verso la campagna, il gruppo prelevò anche una vicina di 57 anni, che aveva l’unico torto di avere coperto dal sequestro il genero, ricercato in quanto agente in servizio di leva in Polizia e marito della figlia incinta di 7 mesi.

Le due donne furono freddate a colpi d’arma da fuoco lungo il ciglio della strada che dal capoluogo porta alla frazione di Beivars.

I corpi delle povere vittime furono rinvenuti all’alba della mattina seguente dai passanti diretti al lavoro.

«Si trattò di un “femminicidio” premeditato che è rimasto senza colpevoli, perché riguardava gente comune, senza parenti importanti che pretendessero l’attenzione delle Autorità.

Un episodio da iscrivere nel quadro della violenza di cui le donne sono particolarmente oggetto in tempi di guerra, ma anche la conferma che esiste una eredità emotiva dei traumi sepolti nel passato, che consente di spezzare il silenzio», conclude l’autrice.

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