Dieci anni di romanzi: Max Santarossa fa festa con reading e ristampe

Parla il “cantore” delle periferie: «Ho dato voce agli ultimi» Si sente in debito con Pasolini: «Aveva la forza di denunciare»
Di Paola Dalle Molle

Un compleanno speciale e una data 2007-2017. Massimiliano Santarossa festeggia dieci anni di scrittura, tappa artistica rara specie di questi tempi quando tutto si consuma con rapidità. L’occasione va ricordata e la casa editrice Biblioteca dell’Immagine ha deciso di ristampare i tre romanzi di Santarossa che negli anni hanno creato la “Trilogia del Nordest” contemporaneo. Un viaggio letterario cominciato allora, nel 2007, con racconti, “Storie vere ed esagerate” scritti sotto lo pseudonimo di Vez poi, con il primo libro intitolato “Storie dal fondo” quindi con “Gioventù d’asfalto”. «La nostra generazione - spiega Santarossa - è nata nel mondo contadino, è cresciuta nel mondo operaio, oggi vive nel mondo tecnologico. Uno su dieci ce l’ha fatta, io racconto gli altri nove. Per anni ho fatto parte della giungla urbana di periferia. Per anni ne ho viste e fatte troppe. Poi ho iniziato a scrivere, per salvare tante storie di periferia. I luoghi all’ombra del Nordest». Infine, alla trilogia si aggiunge l’ultimo libro “Padania”, un romanzo sociale, un viaggio al termine della notte ambientato nell’universo di cemento e fabbriche del nordest alle radici della crisi economica.

“Padania” nel frattempo, è diventato anche uno spettacolo teatrale che Santarossa porta in scena con il cantautore Pablo Perissinotto. Le sei repliche hanno visto i teatri affollati, e ora il calendario prosegue con altre date, fra queste, il sabato alle 9.30, all’auditorium Concordia di Pordenone.

Dieci anni di narrazioni del Nordest, raccontate con realismo e una scrittura ruvida e essenziale. Cos’è cambiato in questo tempo?

Non è cambiato nulla, i poveri, gli emarginati, “gli ultimi” lo sono oggi come ieri. Anzi, con l’avvento delle nuove povertà e della crisi economica lo sono più oggi che dieci o quarant’anni fa. Lo scrittore ha il compito di salvarli dall’oblío. Se la grande storia salva sempre la memoria dei potenti, la letteratura può invece farsi carico della memoria degli “ultimi”.

Nella scrittura dei suoi romanzi c’è molto della poetica di Pasolini.

“Padania” è dedicato a Pasolini, ed è il tentativo di continuare il suo “Petrolio”, come obiettivo critico e di denuncia verso la società. Tuttavia l’immensità di Pasolini è stata un’altra: aver trovato nel mondo arcaico, culturale, religioso friulano una dimensione artistica immensa. In futuro cercherò di seguirlo in quel percorso.

Dieci anni di narrazioni, otto romanzi, trecento reading in Italia, cosa dimostrano?

Che si può avere un’incrollabile coerenza letteraria, una visione intima, vera, d’amore verso gli “ultimi” e anche, dire sempre di no ad alcune proposte volte a rendermi un autore da botteghino. La coerenza paga sempre.

In questi dieci anni, la rete e i social si sono imposti nella società creando una rivoluzione.

Dei social network penso tutto il male possibile. Sono il compimento del progetto televisivo: trasformare le persone in consumatori seriali di beni e anche di immagini.

Nuovi progetti?

Dopo mesi e mesi passati a presentare “Padania” nei festival e teatri ho ricominciato a scrivere: il prossimo sarà un romanzo totale, ampio, una storia del Novecento familiare, ambientata nel profondo Nordest.

Ha mai pensato che si potessero trasferire al cinema le tue storie?

Dopo averle portati nei teatri, il cinema sarebbe il loro naturale approdo. Ma in Italia il vero cinema non esiste più.

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