Cruchi e quegli “angeli terribili” che pagarono per la nostra libertà

Era buono o cattivo, Cruchi? Amadio De Stalis, partigiano comunista nato a Ravascletto, vissuto tra la Carnia e Milano e ucciso nel 1945 dai cosacchi, ebbe sulla sua tomba, nel piccolo cimitero di Ravascletto, il più infamante degli epitaffi: “Qui giace Cruchi/uomo iniquo e perverso/pregare per lui/è tempo perso”.
A lui ho dedicato il mio nuovo libro, “Angeli terribili”, edito da Garzanti.
È una ricerca delle mie radici, tra Milano e il Friuli, e insieme scoperta che in queste terre, al Nordest del Nordest, nessuna vicenda personale, nessuna piccola storia, può dipanarsi senza incrociare inesorabilmente la grande Storia, i grandi drammi del Novecento.
Sono partito da una storia ascoltata da bambino su un personaggio terribilmente fiabesco e sono arrivato, quasi senza volerlo, alla guerra, all’occupazione tedesca e cosacca, alla Resistenza partigiana, alle brigate Garibaldi e all’Osoppo, al capitano Francesco De Gregori che incontra Cruchi a Ravascletto nel 1943, all’eccidio di Porzus, a Gladio.
Non occorre aver letto Dostoevskij per capire l’insensatezza della domanda sulla bontà o cattiveria degli uomini gettati nella vita. Ma Gianni Conedera, che pure ha provato a scrivere qualche libro di storia friulana, ha riproposto sulle pagine del Messaggero Veneto la domanda: Cruchi era buono o cattivo?
Per rispondere che era cattivo, perché da partigiano fucilò o fece fucilare - così racconta - un paio di persone, povera gente.
A Gianni Conedera non basta, evidentemente, la brutta figura fatta in passato, quando fu condannato per aver diffamato la memoria di Aulo Magrini, medico condotto e comandante partigiano. Ora ci riprova con Cruchi, nell’intento di dimostrare che la Resistenza fu un seguito di crimini e che i partigiani, soprattutto se comunisti, furono banditi e assassini.
Uomini, appunto, “iniqui e perversi”.
Lascio agli storici il compito di giudicare uno storico che pretende di fare storia senza documenti e senza prove, fidandosi delle voci e delle testimonianze incerte.
Io, che storico non sono, preferisco restare al racconto di storie e alla pietas per i morti.
Non giudico. Racconto con la stessa partecipazione la storia del “rosso” Cruchi e del “bianco” De Gregori, dei civili massacrati alla malga di Pramosio e dei martiri di Porzus, del fratello di Pasolini e del fascista, camicia nera della Milizia, ucciso dai partigiani a Zovello, la cui figlia è venuta alla presentazione di “Angeli terribili”, a Udine, a dirmi, con le lacrime agli occhi: “Ho saputo dal suo libro com’è morto mio padre”.
Hanno fatto cose meravigliose e tremende, gli angeli terribili del Novecento.
Hanno, infine, riconquistato per noi la libertà, pagandola con la loro vita.
Anche Cruchi ha combattutto una guerra sul confine incerto tra il bene e il male, tra la vita e la morte.
Continuiamo comunque a coltivare le passioni civili e a serbare memoria, perché senza aver capito il passato non ci sarà possibile costruire il futuro.
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