«Con la Tv ho chiuso non fa che peggiorare»

Fare Strindberg, anzi no: partire da una delle sue opere più famose, Danza macabra e arrivare a un testo completamente nuovo, modernissimo, sospeso fra dolore e sarcasmo. Nasce scosì, sul finire degli anni Sessanta, per mano del drammaturgo e scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt, Play Strindberg, in scena al Teatro Nuovo Giovanni da Udine da martedì a giovedì, sempre con inizio alle 20.45. Sul palcoscenico, trasformato in un ring, tre grandissimi attori come Franco Castellano, Maria Paiato e Maurizio Donadoni guidati da Franco Però in una nuova produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. «Venite a teatro con anima pulita per godere dello spettacolo, non sarete delusi» è l’invito del friulano Castellano, volto televisivo notissimo e voce inconfondibile del teatro italiano, in tournée con uno spettacolo che mette d’accordo, pubblico e critica, «ne garantisco il risultato. È un’operazione registica di grande livello interpretata da veri attori, che non esibiscono loro stessi». Appassionato di un mestiere che «amo da tutta la vita», Castellano veste i panni di Edgar, personaggio a cui l’attore nato sessantanni fa a San Vito al Tagliamento, regala più di un registro interpretativo, ora drammatico, ora ironico, ora sarcastico.
«Ho il ruolo di un uomo sposato da venticinque anni con la stessa donna, Alice (Maria Paiato). Quando nello spazio claustrofobico costruito dalla coppia fa l’ingresso il cugino Kurt (Maurizio Donadoni), la lotta tra i due coniugi pare impennarsi, perché al centro dei loro appettiti c’è un nuovo elemento di interesse».
Dopo Scandalo di Arthur Schnitzler che scavava nelle dinamiche interne a una famiglia borghese - ospitato al Giovanni da Udine la scorsa stagione - sempre con la regia di Franco Però e con Castellano, l’archetipo familiare o piuttosto la sua dissoluzione torna al centro della scena dimostrando tutta la capacità dei grandi analisti del teatro del Novecento di presagire e parlare, con il loro sguardo lucido sulla realtà, anche al nostro tempo. «Dürrenmatt si prende gioco di noi – spiega Castellano – il testo consente di esplorare il sarcasmo, l’ironia che trascolora nel grottesco, il gusto del comico, ma anche la violenza del linguaggio. E il pubblico sperimenta tutto questo insieme a noi, ha modo di ritrovarsi. Questo rapporto tra un uomo e una donna che vivono spalla a spalla nel letto matrimoniale, senza decidere a lasciarsi per paura di restare soli, è storia di molti».
Il testo prende i tre protagonisti – il capitano, la moglie e il cugino/amante che ritorna. Con undici round, intervallati dai gong – proprio come un incontro di boxe o di lotta e con la sola differenza che i combattenti sono tre, tutta l’essenza del testo originale di Strinberg rimane, ma Dürrenmatt ne esalta l’attualità, asciugando fin dove è possibile il linguaggio – già di per sé scarno – come in un continuo corpo a corpo, che solo il gong ferma per qualche istante, dando ai contendenti il tempo di un riposo per riprendere fiato e agli spettatori l’attimo di riflessione su quanto, hanno visto. Lo spettacolo dopo Udine e le repliche nei teatri italiani fino a maggio, verrà ripreso in autunno. Il Mittelfest, dove ha debuttato nel 2016, ha portato bene. Ma Castellano tornerà anche in televisione? «La tivù non la voglio più fare. I finti registi delle fiction dove si bisbigliano le battute dicono sii naturale. Ma come faccio a essere naturale? Sono un attore! Se volete tutta questa naturalezza fate del neo realismo, come Pasolini, se ne siete capaci. Quando ho fatto Commesse ero per tutti omosessuale. Poi sono diventato il cattivo per antonomasia. E da quel momento mi offrono solo parti in cui ripetermi. Meglio il teatro, dove si vede cosa sai fare. La televisione peggiora di anno in anno, come il riscaldamento del pianeta».
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