Chef Rubio, l’alternativa in cucina

Rubini sarà protagonista dello “Stars cooking” di martedì 17

PORDENONE. A scorrere la sua biografia emerge subito il lato anticonformista, Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, protagonista di punta dello Stars cooking conclusivo martedì 17 alle 15.30 a Cucinare 2015, la fiera pordenonese dedicata al food che apre i battenti sabato 14, non nasce come personaggio in cucina ma nel mondo del rugby.

È da rugbista, infatti che inizia a girare il mondo quando poco più che ventenne si trasferisce in Nuova Zelanda e lì inizia a contemporaneamente a lavorare in due ristoranti «mentendo sulle sue precedenti esperienze (all'epoca nessuna) ma salvato dalla sue innate capacità» recita la sua biografia ufficiale.

Capacità e passione che l'hanno portato a essere una icona di un modo altro di intendere il rapporto con il cibo quello rappresentato dal successo di Unti e bisunti format dedicato allo street-food andato in onda per la prima volta nel 2013 su DMax, e immediatamente divenuto icona che scardina i soliti cliché sui cuochi stellati.

Due mondi paralleli che non si sono mai separati? «In effetti - ci risponde - ho giocato fino a pochi anni fa e quindi difficile dire che il rugby non faccia parte del mio presente, poi adesso sto seguendo la nazionale italiana nel Sei Nazioni, quando gioca in Italia commento da bordo campo e quando va all'estero i commenti li faccio dallo studio, però con un taglio ovviamente alternativo».

E come mai la scelta della cucina, con una formazione di alto livello, il diploma all'Alma di Parma, partecipazioni con ristoranti stellati come il Gellius di Oderzo, da Alessandro Breda, tra i suoi ispiratori che vedremo con lei a Pordenone?

«Le sembrerà strano, ma è stata l'inefficienza del mondo accademico a spingermi verso la cucina. Frequentavo legge alla Sapienza, c'erano docenti che non avevano alcun rispetto per gli studenti, mancavano agli appelli degli esami, per esempio, più volte di fila. A un certo punto mi sono stancato e me ne sono andato a cercare altre strade».

Con Uniti e bisunti lei ha avuto modo di conoscere un mondo che non compare negli scintillanti studi degli chef televisivi, c'è qualcosa che l'ha colpita di più?

«Dovrei farle un elenco infinito, se si pensa alla cucina di strada italiana ci sono moltissime pietanze, e tutte ottime. Se devo dirle una cosa che mi ha incuriosito è certamente trovare e assaggiare, ovviamente, la trippa a Genova. Una delizia che non ci si aspetta in una città di mare».

Ma lei crede che lo street-food italiano possa un punto di forza della cucina italiana?

«Guardi il cibo di strada in Italia è stato taglieggiato dal perbenismo dei vari governi, a essere sincero non credo che lo si possa definire il nostro punto di forza. Ci sono diversi giovani che cercano di portare un po' più di attenzione su questo versante alternativo della cucina, ma è l'inizio di una nuova epoca, nel senso che non è per noi il risultato di una tradizione, questo no, perché le vecchie leve sono state messe ai margini, ma ci sono le nuove leve e tra questi c'è qualcuno che lo fa davvero con amore».

È stato a Oderzo, ma il Friuli, lo conosce? «A Pordenone non credo di esserci mai stato, ma conosco bene Pavia di Udine dove andavo spesso a trovare un'amica, ricordo paesaggi splendidi, il silenzio, una cucina magnifica e ottimo cibo».

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