A Udine 120 anni fa l’esposizione regionale: al grande evento Vittorio Emanuele III

La mostra fu allestita nei padiglioni progettati dall’architetto D’Aronco. L’evento funestato da un disastro ferroviario a Basiliano: 14 morti

Valerio Marchi

«Quest’oggi Udine la seria, la laboriosa, l’industriale, inaugura una Esposizione la cui riuscita, anni addietro, sarebbe stata “follia sperar”: una Esposizione tale da essere degna non solo di una cittaduzza di provincia, ma di una capitale»: esordiva così, il 1° agosto 1903, la prima pagina del quotidiano cattolico udinese “Il Crociato”.

Ma l’intera stampa udinese esaltava quell’evento che un altro giornale locale, “Il Paese”, definì «una solenne affermazione della nostra vita laboriosa e troppo lungamente e da troppi ignorata o quasi».

Una prima, modesta esposizione, si era tenuta a Udine nel palazzo della Loggia nel 1868, due anni dopo l’ingresso nel Regno d’Italia.

Un’altra, che – si scrisse – «stava alla prima mostra come il passo di un giovane al passo di un bambino», aveva avuto luogo nel 1883 nell’istituto Tecnico “Antonio Zanon” (all’epoca in piazza Garibaldi).

Da quegli anni, poi, la fisionomia del capoluogo friulano si era trasformata fra nuovi edifici, fabbriche, industrie…

L’Esposizione regionale del 1903, allestita nei padiglioni liberty progettati dall’architetto Raimondo D’Aronco, ebbe ampia risonanza e comprendeva cinque settori: industria, istruzione ed educazione, agricoltura, arte, sport: «È una piccola città», annotava il “Giornale di Udine”, descrivendo il Palazzo delle Belle Arti «dalle linee semplici e grandiose».

Sulla “Patria del Friuli”, leggiamo: «È alla geniale fantasia del D’Aronco che l’Esposizione deve il suo piazzale delle belle arti». Le strutture erano davvero notevoli e furono molti i festeggiamenti, gli spettacoli, i concorsi nazionali e internazionali.

«Papà dell’Esposizione» era il negoziante Antonio Beltrame, che ne fu l’ispiratore, mentre a dirigere il comitato esecutivo c’era l’onorevole Elio Morpurgo, presidente della Camera di Commercio, che all’apertura portò il saluto inaugurale di fronte al nutrito gruppo di personalità e autorità.

Presero poi la parola il sindaco Michele Peressini e il ministro delle Finanze Paolo Carcano. Furono numerosi i personaggi di spicco coinvolti nell’Esposizione a diversi livelli: per nominarne solo alcuni, il senatore Antonino di Prampero, lo scultore Luigi De Paoli, l’agronomo Domenico Pecile, l’imprenditore Luigi Bardusco, il conte Fabio Beretta.

Come ha scritto Gianfranco Ellero: «Si aprì, quel giorno, una mostra ancora imbevuta dalla cultura ottocentesca, ma con importanti aperture sul Novecento».

A riprova della rilevanza dell’evento, giunsero a Udine il 27 agosto, nel cuore del periodo di apertura al pubblico e nel corso di un loro viaggio nel nord-est del Regno, Vittorio Emanuele III e la Regina Elena.

Per la memorabile visita, decine di migliaia di persone confluirono anche dalle «terre irredente» della parte austriaca: «Una così grande quantità di gente non fu mai veduta a Udine», osservò il “Giornale di Udine”.

Era dal 14 novembre 1866 che la città non ospitava un sovrano (in quel caso Vittorio Emanuele II).

L’accoglienza avvenne in una città trasfigurata: «Ogni finestra imbandierata, una fantasmagoria di colori, si vedono migliaia di cappelli agitarsi…»; e di fronte al palazzo provinciale, da dove i sovrani si affacciarono, «persone sui tetti, sulle colonne delle lampade, sulle muraglie, sugli alberi… Oh spettacolo indescrivibile, imponentissimo, indimenticabile, immenso!», esclamò un entusiasta cronista della “Patria del Friuli”.

E il “Giornale di Udine” riferì che in piazza Vittorio Emanuele (l’attuale piazza Libertà) «lo spettacolo riuscì superiore ad ogni descrizione». I sovrani percorsero le principali strade cittadine, visitarono per quasi tre ore l’Esposizione e sostarono in vari luoghi, quali il Municipio, l’Asilo Marco Volpe, l’Ospedale civile.

Ma «la letizia che era nell’animo di tutti venne turbata da una funerea notizia. Fra Pasian Schiavonesco (oggi Basiliano) e Codroipo è avvenuto stanotte uno scontro fra un treno militare e un treno merci. Orribili le conseguenze, che non si possono leggere senza raccapriccio» (“Giornale di Udine”, 28 agosto).

Era il disastro ferroviario di Beano, che causò 14 morti e decine di feriti. Lo scontro, dovuto a fatalità ed errori a catena, coinvolse il treno speciale 2465, con due battaglioni del 14° Fanteria che avevano reso il loro servizio a Udine, e il convoglio 2468.

Il re e la regina, che nel frattempo erano giunti a Treviso, vollero tornare in Friuli per visitare il luogo del disastro e i feriti ricoverati a Udine. Il “Giornale di Udine” riferì: «La regina, uscendo dall’Ospitale, aveva le lacrime agli occhi».

I funerali delle vittime si tennero il 29 agosto a Udine, a spese del comune, che proclamò il lutto cittadino. Venne chiusa per lutto anche l’Esposizione. Una solenne commemorazione ebbe luogo anche a Beano il 2 settembre. Seguirono inevitabilmente polemiche e strascichi giudiziari.

Nella zona agricola circostante allo schianto, poi chiamata “disastri”, fu installato nel 1906 un cippo marmoreo a ricordo.

In vario modo, dunque, la nostra terra assurse all’onore delle cronache.

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