Zanetti rimane in carcere «Ma così non può curarsi»

Il gip ha negato i domiciliari al finto talent scout arrestato dopo l’ennesima truffa L’appello della madre: «E’ un’ingiustizia, mio figlio è malato». Ricorso al Riesame
Di Bruno Oliveti

«Mio figlio è malato e va curato, non tenuto in carcere come fosse un assassino». E’ l’accorato appello di Paola Sartor, madre – nonché amministratrice di sostegno – del 42enne pordenonese Antonio Zanetti, finito diverse volte nei guai per truffa e arrestato martedì dai carabinieri su disposizione del gip Piera Binotto. Il magistrato, dopo oltre due ore di interrogatorio di garanzia, ha rigettato la richiesta di revoca della custodia cautelare e quella alternativa di attenuazione ai domiciliari, presentate dall’avvocato difensore Antonio Magaraci.

Zanetti, dunque, resta dietro le sbarre e il legale ha già preannunciato ricorso al tribunale del Riesame di Trieste per il suo assistito. Il quale, sino a quando rimarrà dentro, non potrà proseguire la terapia farmacologica alla quale si stava sottoponendo da un mese e mezzo. Di qui la protesta della madre del “talent scout”, che a dicembre aveva finito di scontare oltre quattro anni di reclusione e poi aveva ripreso a distribuire biglietti da visita allo scopo di cercare modelle per qualche campagna pubblicitaria, facendosi pagare dalle ignare ragazze propinando loro storie di pura fantasia. «Mio figlio – è la reazione di Paola Sartor – è stato riconosciuto invalido al cento per cento, è schizofrenico in cura al Centro di salute mentale di Pordenone, seguito dai dottori Cassin e Loperfido. La sua situazione è di totale incompatibilità col carcere. A parte il fatto che si può discutere sulla gravità delle azioni da lui commesse, soprattutto in un Paese dove difficilmente vengono tenuti reclusi anche gli assassini in attesa di giudizio, ma lui ha il diritto di essere curato. Quello che fa è dovuto alla sua malattia. Assumeva il Depakin, io ero responsabile di controllare che lo facesse regolarmente. Chi lo seguirà dietro le sbarre, chi gli sottoporrà il farmaco di cui ha bisogno? Sono veramente disgustata dalle istituzioni e intenzionata ad andare sino in fondo per denunciarne la totale inefficienza. I magistrati si accaniscono contro mio figlio, mai io farò valere i suoi diritti, in ogni sede possibile, ormai non ho più nulla da perdere».

Zanetti da una decina di giorni aveva anche cominciato a lavorare per per la cooperativa sociale Oasi e sembrava deciso a farsi curare. Poi, però, è ricascato nel solito errore.

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