Weissberg: «Desideri 2016? L’Italia del Muto»

PORDENONE. Da qualunque prospettiva la si guardi, una paziente fila lunga mezza piazza consegna lo scatto perfetto di un festival. Be’, in sala - a dar loro venerdì sera il benvenuto - non c’erano due qualunque, ma Stan Laurel & Oliver Hardy, e allora si spiega. Lo stesso, però, il fatto è anomalo. Quante gag del grasso e del magro sono passate in tv? Migliaia. Dunque? L’antichità, se di elegante fattura, calamita piuttosto bene.
I trenta mila spettatori, raccolti nelle trentaquattresime Giornate del Cinema Muto, fanno da didascalia alla foto si cui sopra. Tutto torna. Fra l’altro il cartellone di quest’anno ha rilasciato pezzi pregiati e ospiti di altrettanta griffe. Il focus su Leopoldo Fregoli ha mosso Arturo Brachetti, figlio artistico di cotanto genio, mentre John Landis è comparso in platea sospinto dalla passione pura.
Voli l’Oceano se ne vale la pena, o no? Un mito in movimento aggiunge glamour a una rassegna che è già perno internazionale del silent film. E mister The Blues Brothers non ha mosso un pelo della barba nemmeno per le sei ore dei Miserabili, maratona color seppia per esaltare una pellicola da Guinness.
David Robinson, il direttore, è un falso ottantacinquenne. La carta d’identità conferma, lo spirito smentisce. Da diciannove anni il più accreditato biografo mondiale di Chaplin assembla programmi. Il suo Big Ben, da buon inglese, ha detto stop. Mai avrebbe lasciato le sue Giornate senza un capitano di lunga navigazione, seppure sempre protette dall’ammiraglio Livio Jacob.
Jay Weissberg è il nome indicato con decisione da David prima di risalire l’Europa. E Jay ha detto sì. «Non nego l’emozione, ammette, aspettavo questo gesto dal 1988». Il giovanotto è un newyorkese che vive a Roma. Di mestiere fa il critico di Variety e raramente sta in un posto per più di dieci giorni. «Passo freneticamente da un festival all’altro e la mia vita capitolina è a singhiozzo, fra un trolley e l’altro».
Chissà se qualche idea se l’è fatta, sul cartellone 2016 intendiamo. Magari è prestino, potrebbe anche darci un altro appuntamento più avanti. Comprensibile. «Un desiderio ce l’ho: cercare pellicole italiane degli anni Venti. Un decennio, all’apparenza, meno celebrato dei Dieci, sicuramente migliori e con tanti bei nomi in risalto, dalla Bertini alla Borelli». Weissberg l’italiano lo mastica meglio di tanti italiani. Ogni tanto, però, si ferma e spiega che gli tocca pensare in inglese e poi tradurre.
Quindi, pausa. Aggiunge: «Siamo a Pordenone, nel Bel Paese. Vogliamo omaggiare la nazione ospitante? È quello che vorrei». Altro? «Eh, sa quante altre cose... può comprendere l’entusiasmo e i pensieri si accavallano velocemente. Devo fermarmi un attimo e ragionarci sopra. Un concetto è chiaro, se posso: il cinematografo non è nato con Tarantino, come dicono i giovani critici, ma col Muto. Facciamocene una ragione».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto