“Voce donna” dopo vent’anni cambia statuto e forma giuridica

Parla la presidente Silvia Brunetta, succeduta a Maria De Stefano Dalle gestione delle case rifugio alle storie di disperazione e riscatto 

l’intervista

Martina milia

Vent’anni fa, nella piccola sede di via Montereale, le volontarie si alternavano per ricevere le telefonate. I cellulari erano agli albori del loro sviluppo, gli smartphone non c’erano. La violenza sulle donne, invece, c’era ma era molto ben nascosta tra le mura di casa, dai vestiti e dalle occhiaie che coprivano lividi e dolori difficili da raccontare per vergogna, per pudore.

Voce donna è partita da là e, vent’anni dopo, ha sette operatrici dipendenti, altre due a tempo determinato, nonché due collaboratrici con partita Iva. Ora ha anche una nuova presidente, Silvia Brunetta, che ha ereditato da Maria De Stefano una grande realtà che ora deve diventare grande, adulta.

«Siamo ancora l’associazione che è nata tanti anni fa e che si sosteneva per il 100 per cento con il lavoro delle volontarie. Oggi – racconta Brunetta che è entrata nel sodalizio 14 anni fa, con l’inizio della pensione, dopo aver lavorato come funzionaria alla Camera di commercio di Pordenone –, dopo il grandissimo lavoro fatto e i nuovi impegni assunti, abbiamo necessità di fare un salto di qualità, di cambiare forma giuridica prima di tutto per mettere al sicuro quello che è stato costruito in tanti anni».

Brunetta, che ringrazia la past president Maria De Stefano, «senza la quale Voce donna non sarebbe ciò che è» avrà il compito di gestire questa delicata transizione «che comporterà una modifica del nostro statuto per mettere in sicurezza anche il patrimonio. Oggi tutto grava sul consiglio direttivo che presiedo (di cui fanno parte anche Maria Bonato, Raffaella Garlato, Laura Bosi e Anna Campanile) e che risponde personalmente di tutto. Abbiamo la necessità di dotarci di una struttura giuridica che sia rispondente a ciò che oggi siamo. Per questo attendiamo anche le modifiche nazionali al terzo settore».

Voce donna oggi gestisce due case rifugio a Pordenone, più una di proprietà che è frutto di una donazione, una casa di transizione, una a Spilmbergo «e abbiamo sportelli a Maniago e Sacile. Dal 2018 – racconta Brunetta – abbiamo in carico anche il centro antiviolenza di Tolmezzo».

Vent’anni fa le donne andavano aiutare a scappare da mariti o fidanzati violenti. Oggi è ancora così «ma la situazione è più complessa perché sempre più le donne vittima di violenza portano con sé figli, anche in tenera età. Il problema principale, nella costruzione di una nuova autonomia, resta la ricerca di un lavoro, di una autonomia economica». Passi avanti ne sono stati fatti, anche in collaborazione con le istituzioni. «Il progetto regionale “Si con te” – racconta Brunetta – ci ha permesso per esempio di pagare il servizio di babysitter alle mamme che vanno al lavoro. Questa buona prassi è stata portata dalla nostra Anna Campanile a Taiwan a una recente conferenza internazionale». Figli piccoli, ma anche figli grandi: «Le storie sono tante, quella che ci ha riempito di particolare orgoglio è stata quella di una ragazza che, nelle difficoltà che la famiglia stava comunque vivendo, è riuscita a studiare e l’abbiamo accompagnata all’esame di maturità. Un percorso che è stato possibile con la collaborazione del consultorio, perché una delle chiavi del successo di Voce donna – prosegue la presidente – è proprio quello di lavorare in rete con altri soggetti, pubblici e del privato sociale».

Il tema dei minori sempre più chiama in causa l’associazione: «Perché i bambini che vivono in contesti di violenza presentano disagi e non sempre i servizi, penso alla neuropsichiatria infantile, sono strutturati per dare risposto. E poi perché la violenza che viaggia in rete, anche attraverso la pornografia, diffonde modelli negativi». Non a caso uno dei partner con cui l’associazione lavora è proprio il mondo della scuola.

La nuova forma giuridica di cui l’associazione si doterà dovrà lavorare anche sulle possibile forme di sostegno. Oggi le socie fondatrici sono le uniche – poco meno di 30 – che fanno parte dell’associazione. «Abbiamo richieste di persone che vorrebbero contribuire, anche molti uomini. Dobbiamo trovare il modo di capire come permettere, anche ai non soci, di sostenere Voce donna». —

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