Violenza sessuale nel sottopasso Profugo sparito, ma va a giudizio

Fissato il processo per il pakistano che palpeggiò un’udinese all’uscita dal treno Di lui, però, non si hanno più notizie: neppure il difensore gli ha mai parlato
Udine 21 Giugno 2016 sottopasso cernaia Petrussi Foto Press /TURCO MASSIMO
Udine 21 Giugno 2016 sottopasso cernaia Petrussi Foto Press /TURCO MASSIMO
Lui è sparito, nessuno sa dove sia e neppure l’avvocato che lo difende, nominato d’ufficio, l’ha mai incontrato, nè gli ha mai parlato. Eppure, la giustizia deve fare il proprio corso e il processo, ora che il gup ha emesso il decreto di rinvio a giudizio e fissato la prima udienza davanti al tribunale riunito in composizione collegiale per il prossimo 5 aprile, si farà. Con o senza l’imputato.


Si è tornati a parlare di Muhammad Arslan, 26 anni, profugo pakistano con residenza - almeno sulla carta - ancora a Udine, ieri, nell’aula delle udienze preliminari, davanti al gup di Udine, Emanuele Lazzàro. Era stato lui, la notte del 14 giugno 2016, a importunare e infine palpeggiare nelle parti intime una donna, un’udinese di 36 anni, che, scesa dal treno, se ne stava tornando a casa, attraversando il sottopassaggio ferroviario tra viale Europa Unita e via della Cernaia.


Violenza sessuale il reato formulato a suo carico dal pm Annunziata Puglia, con l’aggravante di avere agito approfittando dell’orario notturno e di un luogo appartato. Al difensore, avvocato Alberto Zilli, che nel frattempo della vicenda non ha potuto accertare niente di più, rispetto a quanto ricostruito nel fascicolo istruito dalla Procura, non è rimasto altro da fare che rinviare all’istruttoria dibattimentale una migliore difesa.


L’arrivo di Arslan in Friuli è fatto risalire al dicembre 2015, quando, giunto a Tarvisio, chiese allo Stato italiano il riconoscimento della protezione internazionale e fu poi collocato in un appartamento udinese. Individuato all’esito delle indagini avviate dagli agenti della Squadra mobile e della Polfer dopo la denuncia della donna, che lo ha riconosciuto attraverso le immagini filmate nella zona, il profugo era stato denunciato a piede libero e si era visto quindi revocare i benefici di temporanea accoglienza dal prefetto. Considerata la sua pericolosità sociale, inoltre, il questore gli aveva fatto divieto di ritorno nel Comune di Udine. A quel punto, però, invece di mutare atteggiamento, aveva dato in escandescenza.


Presentatosi in viale Venezia, all’ingresso della Questura, non aveva esitato a picchiare i pugni sui vetri del posto di guardia, con fare minaccioso. Poi, non contento, si era recato in via Micesio, dove c’è la sede dell’associazione “Nuovi cittadini”, e si era scagliato verbalmente contro una responsabile. Lei, intimorita, aveva chiamato il 113 e quando era arrivata la Volante, Arslan, per nulla rassegnato, gesticolando con i pugni e con un tono di voce alterato, aveva chiesto spiegazioni sui provvedimenti notificatigli dalle autorità. Le informazioni fornitegli a quel punto con l’aiuto di un mediatore avevano scatenato il resto della rabbia: diventato ormai ingestibile, aveva inveito contro gli operatori e colpito un armadio con una testata. Finalmente bloccato e ammanettato, era stato quindi portato in cella con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Presente al processo per direttissima celebrato il giorno dopo, aveva patteggiato quattro mesi ed era stato liberato. Sparendo definitivamente dalla circolazione.


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