Villa Cernazai, ora l’Appello deciderà se il lascito è nullo

Il ventennale caso della storica dimora di Ipplis di Premariacco tornerà in aula il 23 gennaio  La Cassazione ha accolto soltanto uno dei motivi sollevati dagli eredi contro il Comune di Cividale
CIVIDALE. La storia infinita sul destino di Villa Cernazai Pontoni, a Ipplis di Premariacco, rischia di fare la fine di una bolla di sapone. E cioè di chiudersi con una sentenza che, dichiarando la nullità stessa del lascito testamentario con cui, nel 1967, dimora, parco, case rurali e terreni furono destinati da Ines Pontoni alla Casa di riposo di Cividale, metterebbe la parola fine a vent’anni di battaglie legali tra i suoi eredi e il Comune di Cividale (attuale proprietario della Casa di riposo), oltre che alla non meno lunga paralisi di fronte al progressivo decadimento di uno dei più pregevoli esempi di architettura settecentesca friulana.


A deciderlo saranno i giudici della Corte d’appello di Trieste, chiamati dalla Cassazione a valutare il caso, con attenzione prioritaria all’unico dei quattro motivi dell’impugnazione proposta da Antonio e Anita Elodia Orgnani e Azzurra Giacomello, tutti assistiti dagli avvocati Anna Ippolita Schiavi e Luigi Filippo Paolucci, ritenuto fondato. Secondo i ricorrenti, a fare traballare la validità dell’intero lascito sarebbe «l’illiceità del vincolo di inalienabilità imposto dalla testatrice». Ed è proprio questo che si tratta ora di accertare. Perchè qualora dovesse essere dimostrato che l’unico motivo che determinò l’attribuzione patrimoniale gratuita fu, appunto, il «divieto perpetuo di alienazione», allora il palco verrebbe inevitabilmente a cadere.


Un argomento nuovo, quindi, rispetto ai tanti già sviscerati nel corso dei tre gradi di giudizio attraversati dalla vertenza. Compresa l’eccezione relativa alla prescrizione dell’obbligo di adibire l’immobile a pensionato per «signori decaduti e per poveri», che il Comune di Cividale, assistito nel procedimento dall’avvocato Guglielmo Pelizzo, ha sempre sostenuto essere intervenuta al decimo anno dall’atto dell’acquisizione (nel 1982).


L’ennesima tappa giudiziaria - la sesta - della vexata quaestio su cui anche Amministrazione regionale e Soprintendenza per i beni architettonici hanno acceso a più riprese i riflettori, nel tentativo di ovviare allo stato di incuria in cui il complesso immobiliare versa da tempo, comincerà il prossimo 23 gennaio, davanti ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste, rispetto a quella che, nel 2011, aveva rigettato l’appello proposto dagli eredi, ritenendo «prescritta l’azione di risoluzione del legato modale» e «infondate sia le altre domande, sia l’eccezione di usucapione». A mettere in moto la causa, nel 1998, erano stati sempre loro, convenendo in giudizio il Comune di Cividale, per chiedere appunto la risoluzione dell’attribuzione patrimoniale testamentaria «per inadempimento» e la conseguente «retrocessione del bene in loro favore». La risposta del tribunale di Udine, che ne aveva respinto la domanda, era arrivata nel 2003 ed era stata riformata pochi mesi dopo in secondo grado. Da qui, l’impugnazione in Cassazione del Comune e il primo rinvio in Appello. Poi, con decisione dell’estate scorsa, la nuova pronuncia della Suprema Corte e l’avvio del nuovo, e forse ultimo, capitolo.


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