Viaggio dentro palazzo San Marco, il posto dove il tempo s’è fermato da 20 anni

Ecco cosa c’è dentro il grande edificio cittadino in vendita

PORDENONE. Via Roma, palazzo San Marco è in vendita. Anche la quarta asta è andata deserta. Stavolta, però, lo abbiamo visitato, “scoprendo” che là dentro il tempo s’è fermato ai primi anni Novanta, quando l’Inail decise di dismetterlo e quindi non rinnovò alcun contratto di locazione. Il tentativo di disfarsene non è però andato a buon fine, almeno sinora. Prima il prezzo troppo alto, oltre 4 milioni, ora le incognite del mercato immobiliare, quando il prezzo d’asta è sceso sotto il milione.

Aperta la porta d’ingresso in legno, ci si imbatte sull’ascensore aperto, protetto da una rete che oggi sarebbe irregolare in quanto a maglie troppo large.

Pazienza, tanto energia elettrica, acqua e riscaldamento sono staccati da anni tanto che la proprietà non paga le spese condominiali, se non per eventuali interventi strutturali comuni alla metà del palazzo su via Martelli, tutto abitato. Ruote di motorino, telai di biciclette, giornali ed estintori sono stati stipati nel sottoscala. Da chi, non si sa.

I primi addii, subito dopo il terremoto del 1976. A lasciare per primo il palazzo fu proprio l’Inail (che occupava tutto il primo piano), che si trasferì al Maglio e dall’inizio degli anni Ottanta al Bronx, in sede di proprietà. L’edificio non era ritenuto più conforme alle norme antisismiche di allora. Vennero fatti diversi carotaggi i cui segni sono tuttora visibili per scoprire l’effettivo stato del palazzo e realizzati supporti in acciaio di rinforzo.

Il piano ex Inail è pressoché vuoto. Hanno resistito 40 anni il campanello dell’ufficio del vicedirettore, alcuni mobili, il quadro elettrico, spostato. Parte dei solai è stata smontata, mancano le lampade: è come se qualcuno avesse cominciato una ristrutturazione, togliendo ciò che non serve più (compresi serramenti e sanitari, concentrati in alcune stanze e armadi con le ante ancora aperte) senza poi dare seguito al progetto. «Non abbiamo documenti che possano avvalorare questa tesi», precisano dall’Inail.

Dal secondo piano, un ufficio e 27 appartamenti destinati a essere liberati. L’istituto nazionale, infatti, mano a mano che i contratti di locazione scadevano, non procedeva al rinnovo. Gli ultimi due locali, abitati da anziani, pavimenti in battuto veneziano e palladiana, vennero abbandonati nel 1995. A terra, in uno di questi, c’è uno scatolone: contiene tutti i campanelli del palazzo. In un’altra scatola, le serrature delle porte.

Tutto questo si osserva grazie alla luce del sole che entra dalle finestre e in un contesto di assoluto silenzio. Tutto immutato, come se il tempo si fosse fermato, all’improvviso, negli anni Novanta.

Si sale di piano. In un appartamento è ancora appeso il calendario, fermo alla pagina ottobre 1990. Nel giorno 4 è rimasta un’annotazione: compleanno di Francy. In salotto c’è un divano, alcuni quadri, vestiti e ciabatte sono a terra. Con il gioco della Casina delle api.

I due attici sono caratterizzati dalle vetrate rotte dal tempo. Da lassù si vede tutto il centro storico di Pordenone. Non piove, dentro, perché nonostante sia un palazzo chiuso da oltre vent’anni, la proprietà ha cambiato la guaina del tetto, scongiurando infiltrazioni.

Si torna a terra. Dove i “segni di vita” sono più recenti. Sino a dieci anni fa i locali ospitavano una banca. Nel salone sono rimasti gli sportelli, nelle stanze i manifesti pubblicitari. Col terremoto si cominciò a smobilitare tutto escluso l’istituto di credito, i cui pavimenti sembrano essere stati appena posati. Quasi lucidi persino i vetri della bussola. A “sloggiarlo” non ci pensò uno sfratto, ma vi provvide una ristrutturazione aziendale. Nei sotterranei ci sono ancora i caveau. Aperti (e ovviamente vuoti). Dicono che smontarli – incastonati in muri di cemento armato – costa un sacco.

La visita finisce così. Ecco, palazzo San Marco, ancora senza destinazione. Chiusa la porta alle spalle, svanisce il silenzio e si torna alla vita della città.

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