Viaggio a Stavoli, il paese più isolato che non rinuncia alla sua festa

Moggio Udinese, in 400 nella frazione di Moggio disabitata dagli anni Settanta. La comunità sollecita il Comune: l’elicottero è troppo costoso 
Stavoli 30 giugno 2019 Foto Stavoli ©Foto Petrussi
Stavoli 30 giugno 2019 Foto Stavoli ©Foto Petrussi
Stavoli di Moggio Udinese, il paese isolato dal mondo che rivive nei giorni di festa

MOGGIO UDINESE. Il futuro di Stavoli di Moggio Udinese, il paese dove si arriva solo a piedi, è legato ai cavi della teleferica lungo i quali correva il cestello carico di materiali.

Da un anno il trasporto è bloccato. La teleferica non si può azionare da quando uno degli Amici di Stavoli – così si chiama l’associazione costituita da chi ha acquistato e ristrutturato l’80 per cento delle case – ha perso la vita proprio a ridosso dell’impianto costruito alla fine degli anni Sessanta.

 

Il dolore per la perdita di Pietro Zilli non si è sopito, l’uomo è stato ricordato in chiesa durante la posa della targa dedicata a Guido Pugnetti. Il dolore, però, non giustifica lo stop del mezzo di trasporto legato alla burocrazia che fa dire ai dirigenti comunali «non si può fare».

Ma le circa 400 persone che, nell’ultima domenica di giugno segnata dalle temperature africane, sono salite lungo il sentiero a gradoni percorso dai militari negli «anni di guerra 1916», non ci stanno e nel giorno della festa hanno lanciato un unico accorato appello: «Rimettete in funzione la teleferica. Senza quel mezzo di trasporto Stavoli rischia di non poter più guardare al futuro».

Un futuro in cui Alice Missoni, la giovane presidente dell’associazione, vorrebbe aprire un B&B per accogliere i tanti turisti stranieri che giungono da quelle parti. Arrivano dall’Austria, dalla Germania e dalla Francia, vanno alla ricerca delle cose semplici offerte dalla natura.

Don Lorenzo Caucig spiega così il bisogno di ritorno al passato che si avverte tra chi apprezza queste montagne. Ogni fine giugno si riapre la chiesa, il parroco celebra la messa, mentre nei chioschi allestiti più avanti donne e uomini si danno un gran d’affare a servire i piatti tipici preparati nelle cucine delle case.

È accaduto anche domenica 30 giugno. Sabato sera, però, per qualche minuto, i sorrisi si sono spenti: l’elicottero prenotato sostenendo spese davvero troppo elevate per un borgo che rivive due volte all’anno, era impegnato in un soccorso in montagna e non è riuscito a effettuare la consegna delle bibite e degli alimenti acquistati per la festa. Panico.

Qualcuno è rimasto in attesa a Campiolo fino all’imbrunire e, ancora una volta, ha ripetuto: «La teleferica deve ripartire».

Nella piazzola situata a pochi metri dall’imbocco del sentiero l’elicottero è atterrato, ieri mattina. Oltre ai cibi e alla bevande, nel paese dove gli uomini si riunivano in piazza e dove una maestra con due alunni ha continuato a far lezione fino agli anni Settanta, l’elicottero ha trasportato anche le persone che non se la sentivano di affrontare la salita a piedi.

La festa è iniziata dopo la messa con l’insolita visita guidata nella casa del parroco poeta, don Egiziano Pugnetti, e davanti alle fontane costruite nel 1918. A Stavoli l’acqua ha sempre scandito il tempo.

La volontaria Daniela Fadi ha raccontato con dovizia di particolari lo scorrere dei giorni: «La vita era difficile e povera. I Franz furono i primi a insediarsi, poi dalla Toscana arrivano i Pugnetti. Le abitazioni erano lontane dalle stalle situate vicino alla fontana ubicata in fondo al borgo.

A Stavoli più volte hanno tentato senza risultato di costruire la strada, sul torrente Glagno avrebbe dovuto sorgere una diga per la produzione di energia elettrica. Il progetto è saltato a seguito del disastro del Vajont».

Passeggiare oggi in questo pianoro tra la lavanda che cresce ai bordi della strada e gli orti coltivati dagli irriducibili della montagna, riempie il cuore di speranza. Una sentimento che va coltivato tornando ad azionare la teleferica. —


 

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