Viaggio a Cervignano, timori per lavoro e sicurezza: «Ma la città è a misura d’uomo»

Parlano i cittadini intervistati a Cervignano durante il mercato: «Qui un tessuto sociale vivace». Tra le richieste un’area verde per i più piccoli. Crescono le aspettative per centro studi e piscina
Bonaventura Monfalcone-21.11.2019 Interviste-Mercato-Cervignano-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-21.11.2019 Interviste-Mercato-Cervignano-foto di Katia Bonaventura

CERVIGNANO. C’è chi evidenzia la mancanza di sicurezza, chi invece afferma che è una città a misura d’uomo, C’è poi chi chiede interventi (più aree verdi) e aiuti al commercio. Gli incontri del “Messaggero Veneto” con i nostri lettori, in occasione dei mercati settimanali in piazza, giovedì mattina hanno fatto tappa a Cervignano per ascoltare i cittadini e scoprire se la cittadina mantiene ancora oggi la propria vocazione storica di centro orbitante per la Bassa friulana o se, negli ultimi anni, la situazione sia cambiata. Come ogni giovedì, le bancarelle riempiono piazza Indipendenza.

Noi Mv, viaggio tra i problemi di Cervignano

«Questo stesso mercato, 20 anni fa, era molto più affollato, non riuscivi nemmeno a muoverti» ricorda Agostina Scarpa, che non lesina critiche alla situazione in cui si trova oggi questo paese. Le fa eco la figlia, Simonetta Piria, che vede aprire e chiudere negozi nel giro di pochi mesi. «La colpa è degli affitti troppo cari» sostiene, e questo non può che influire sul lavoro. Anzi, a far il paragone con il passato ci sarebbe da mettersi le mani tra i capelli, ripensando a quando le offerte erano tantissime. «Oggi trovi un posto da barista a Grado per la stagione estiva e poco altro» ammette Simonetta.

A far da contrappeso è invece l’ottimismo con cui Paola Monardo ci descrive Cervignano: «A me piace molto, è un posto a misura d’uomo» ci confessa, con il sorriso tra le labbra.

L’appello dei giovani al Comune: «Mancano eventi e locali per noi»
Bonaventura Monfalcone-21.11.2019 Interviste-Mercato-Cervignano-foto di Katia Bonaventura

Sta facendo un giro delle bancarelle con la mamma, Lucia Soppensa, che annuisce prontamente: «Prima vivevamo a Monfalcone ed era tutta un’altra cosa. Qui le persone sono gentile e negli ultimi anni le attività culturali non sono mai mancate». Proprio alle nostre spalle si erge il teatro Pasolini: madre e figlia non si perdono uno spettacolo, ci tengono a sottolineare, così non mancano di partecipare anche ad altri eventi proposti. Per capire se questo contrasto di opinioni sia dato dal celebre assioma «l’erba del vicino è sempre più verde» o meno, raccogliamo anche il punto di vista di qualcuno che Cervignano la vive da esterno, come le sorelle Franca e Annamaria Cera.

Loro sono ancora residenti in Bisiacaria e condividono appieno gli elogi a questo piccolo centro. «È un luogo molto vivace, c’è anche un tessuto sociale migliore rispetto a dove viviamo noi». Aspetto, questo, che ritorna spesso nelle nostre interviste con i cervignanesi. È successo qualcosa alla vita di paese, fondamentale in un luogo come questo? Sicuramente la crisi economica e tutto ciò che n’è conseguito non sono passati senza lasciare segni. La questione sicurezza è tra questi. Simonetta ci dice che quando c’erano i militari, la gente aveva meno preoccupazioni. Oggi perfino andare in stazione dei treni la sera o la mattina presto fa paura a qualcuno.

«Ultimamente succede di tutto – conferma Emanuel Caliendo – e non ricordo che quando ero ragazzo ci fossero fatti analoghi». «Nemmeno 10 anni fa era così» gli fa eco Sabina Zanchetta, la fidanzata. Ecco allora emergere un altro degli “spettri” del nostro tempo: l’immigrazione. O meglio, la mancata integrazione: «Negli anni’90, quando arrivarono i profughi dalla guerra in Jugoslavia, non ci furono questi problemi» spiega ancora Emanuel. Oggi, invece, lo scenario è completamente cambiato.

Tra chi arrivò dalla penisola balcanica due decenni fa, seppur per motivi diversi, fu Irena Skokna: «Io vengo dalla Serbia – ci spiega – e da quando vivo qui, la città è cambiata poco. C’è meno lavoro e tanti decidono di andarsene». Tra questi, anche molti stranieri, che dopo essersi fatti una vita qui, ora cercano nuovi sbocchi in Austria e Germania. «Per chi resta – aggiunge poi Lalica Milanovich, una sua amica – le opportunità lavorative sono minime, soprattutto per le donne».

Accusa una scarsa attenzione verso quest’ultime, così come ci sono pochi posti dedicati alle famiglie. «Senza di loro, come fai a ripopolare un paese?» sottolinea ancora Irena. Che fa il paragone con la sua città natale, Belgrado: certo due realtà completamente diverse, ma lì i bambini ci sono e giocano insieme nei parchi. «Qui manca una vera area verde per i più piccoli» fa presente invece Agostina, poiché il parco Europa è spesso chiuso o infangato.

In mezzo a quest’ampio mosaico, le grandi opere in progetto da anni, come la piscina nell’ex caserma Pasubio, o quelle considerate “cattedrali nel deserto” come l’Interporto, assumono le fattezze di speranze che si rinnovano di proclama in proclama. Eppure appaiono come i veri trampolini per un rilancio di questo centro, rimasto forse troppo a lungo all’ombra delle vicine Palmanova e Aquileia.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto