«Via il nome di Carlo Semenza dal Rifugio»

Michele Boato e Toio de Savorgnani chiedono di rimuovere il nome di uno dei progettisti

ERTO E CASSO. «Per rispetto delle migliaia di vittime del disastro del Vajont, si tolga Carlo Semenza, principale progettista della diga, dalla denominazione del rifugio ubicato a Tambre, nel Bellunese». A richiederlo, in vista della ricorrenza del 50° anniversario dalla tragedia, sono Michele Boato, presidente dell’Ecoistituto del Veneto, e Toio de Savorgnani, di Mountain wilderness.

«Anche il dossier dell’ordine dei geologi, che verrà reso pubblico il 5 ottobre, conferma che, assieme a Giorgio dal Piaz e ad Alberico Biadene, pure Carlo Semenza è uno dei principali responsabili delle vittime del 9 ottobre 1963 – dicono –. Sapeva dell’enorme pericolo, ma ha taciuto, perché la Sade, per cui lavorava, potesse vendere la centrale allo Stato, che stava nazionalizzando la produzione di energia elettrica. Un minimo di decenza vorrebbe che, sebbene Carlo Semenza abbia fondato la sezione del Cai di Vittorio Veneto, il rifugio di Tambre non porti più un nome macchiato di sangue, ma mantenga solamente quello del figlio Massimo, che almeno fece il possibile per evitare la tragedia. Il nuovo nome potrebbe essere Rifugio Massimo Semenza e vittime del Vaiont».

Altra questione “calda” è quella del perdono verso i responsabili del disastro. Una via scelta dal sindaco di Longarone, Roberto Padrin e criticata da diversi superstiti e amministratori, tra cui l’assessore di Vajont Fabiano Filippin. «Ho fatto notare a Padrin come nessuno avesse mai chiesto scusa ai superstiti – dice Filippin –. Prima di imporre ai sopravvissuti il perdono dei responsabili, Enel, Stato e Montedison facciano autocritica. Il perdono è personale e va lasciato alla coscienza di ciascuno. Sino a che non si avrà il coraggio di parlare di omicidio di massa ed evento doloso non ci potrà essere piena rappacificazione sociale. Non è opportuno minimizzare gli eventi, come fa Padrin, ipotizzando una semplice colpa da parte dei tecnici dell’epoca». (g.s.)

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