Vent’anni fa Gemona si fermò per Papa Wojtyla

GEMONA. Era il 3 maggio 1992 quando Papa Giovanni Paolo II sbarcò a Gemona per omaggiare la riuscita ricostruzione della città e per commemorare le mille vittime che il terremoto, 16 anni prima, aveva causato al Friuli. Vent’anni sono passati da allora, ma le parole che il Pontefice pronunciò quel giorno restano scolpite nella memoria di quanti ebbero il privilegio d’esser presenti a quell’indimenticabile celebrazione eucaristica.
A partire da chi, in quel frangente, vestiva la fascia tricolore. Sindaco di Gemona, nel 1992, era Adriano Londero, che ricorda ancora con viva emozione l’arrivo del papa in città, così come la sua omelia. «Aveva un carisma travolgente – esordisce l’ex primo cittadino – e ci lasciò un messaggio severo, d’impegno». Un messaggio che, dopo aver rilevato i meriti e i pregi della mirabile ricostruzione materiale realizzata in Friuli, auspicava per il Friuli anche una rinascita spirituale. Per le vie del centro storico di Gemona soffiava un vento gelido la mattina del 3 maggio 1992. Londero lo ricorda bene. «Aspettavamo infreddoliti l’arrivo di sua Santità fuori dal duomo di Santa Maria Assunta, sul sagrato, lì dove poco dopo le autorità civili dovevano pronunciare i rispettivi discorsi». In città, migliaia di persone attendevano parimenti l’arrivo di papa Giovanni, con volti sorridenti e grande aspettative per le parole che il Pontefice avrebbe regalato ai gemonesi. Dopo una sosta in canonica, il Papa arrivò infine sul sagrato, dove il sindaco gli rivolse un saluto a nome della comunità. «Ricordo che pronunciai parte del mio discorso in friulano – continua Londero – e il Santo Padre se lo fece tradurre, parola per parola, dall’arcivescovo di Udine, il compianto mons. Alfredo Battisti. Prima di entrare gli consegnai una medaglia celebrativa che avevamo fatto fare apposta per la sua visita. Era una medaglia in oro, che da un lato ritraeva il Pontefice, dall’altro i luoghi simbolo della nostra cittadina». Dopo i saluti di rito, l’ingresso in chiesa. A concelebrare la santa messa c’erano con il Papa e Battisti, anche l’arcivescovo ausiliario Pietro Brollo e il parroco mons. Emilio Trigatti. «Giovanni Paolo II si raccolse per un attimo dinnanzi alla cappella con il cristo salvato dalle macerie – ricorda ancora l’ex sindaco – poi salì sull’altare per donare alla città un’omelia di grande rigore morale. A ricordarla è anche l’ex assessore regionale alla ricostruzione Salvatore Varisco, che tra le sue carte ha rinvenuto per “noi” l’omelia pronunciata da Wojtyla quel 3 maggio di 20 anni fa, «attuale oggi – dice Varisco - come allora». «Carissimi fratelli e sorelle, le famiglie hanno saputo ricostruire presto e bene le loro case e i loro paesi. Adesso è necessario che la ricostruzione materiale sia accompagnata dalla rinascita spirituale del Friuli, con lo stesso slancio, la medesima determinazione e una speranza persino più coraggiosa ed intraprendente», disse il Pontefice all’affollata platea gemonese. «Lasciatevi guidare in quest’epoca di consolidamento sociale e di nuova evangelizzazione dalla fede cristiana – proseguì -, che ha illuminato e sorretto i vostri avi. Solo da questa soprannaturale sorgente potrete attingere l’energia interiore che vi consentirà di raggiungere traguardi di libertà, di giustizia e di pace a cui aspira ogni essere umano». «Cari cittadini di Gemona – concludeva Giovanni Paolo II -, è dinnanzi a voi il vostro futuro. Impegnatevi a realizzarlo, con la stessa alacrità con cui avete ricostruito le vostre abitazioni».
Maura Delle Case
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto