Valeria Grillo in causa per il licenziamemto ma il giudice le dà torto
«Si ritiene che la sommaria istruttoria svolta abbia sostanzialmente comprovato l’utilizzo di risorse, strumenti di lavoro, materiale e consulenti Thermokey a fini personali». Così il giudice del lavoro Marina Vitulli ha respinto il ricorso dell’ex consigliere provinciale con delega alla cultura all’epoca della giunta Strassoldo, Valeria Grillo, licenziata “per giusta causa” il 19 febbraio 2014 dal suo incarico di direttore della produzione dello stabilimento di Rivarotta quando già aveva comunicato di essere incinta.
A ripercorrere i termini della vicenda è il dirigente Giuseppe Visentini. «La Termokey, azienda leader nella produzione e nella vendita di scambiatori di calore per il condizionamento e le refrigerazione – esordisce – ha attraversato un periodo molto difficile nel 2013. Rischiava il fallimento e 160 posti di lavoro erano in bilico – ricapitola Visintini – con gruppo di persone ho rischiato tutto investendo cinque milioni di euro, cui se n’è aggiunto un altro, ma abbiamo trovato cose che non andavano, compreso il comportamento di un direttore generale che svolgeva altre attività all’esterno dell’azienda, sia di natura politica sia economica, in parziale concorrenza con noi. Senza contare – aggiunge – il suo carattere poco consono al nuovo management. Invitata ad andarsene in maniera consensuale ha rifiutato, comunicando poi che era incinta, sono emersi però fatti rilevanti che ci hanno indotto a licenziarla per giusta causa e ora l’ordinanza del giudice del lavoro ci ha dato ragione».
Non la pensa così l’autonomista Valeria Grillo che ha impugnato la decisione ricorrendo al giudice del lavoro del Tribunale di Udine per sostenere la natura discriminatoria del provvedimento intimatole e l’assenza della giusta causa. «Io sono stata licenziata per ingiusta causa – si limita a commentare - e questa decisione è stata adottata nei confronti di una donna incinta».
Gli altri commenti la Grillo li lascia al suo avvocato Furio Stradella che riferisce: «Si tratta di un’ordinanza pronunciata in sede cautelare da parte del tribunale di Udine con la legge Fornero. Ritengo, – premette – che non ci fermeremo qui, questo provvedimento, forse per la particolarità del rito sommario, non ha avuto modo di estrinsecare tutte le prove documentali di cui è in possesso. Faremo una causa ordinaria davanti al tribunale, speravamo di poterla definire in questa sede, vuol dire che lo faremo in altra sede».
«Il giudice – aggiunge l’amministratore delegato Giorgio Visentini – ha evidenziato che non c’è alcuna relazione fra il licenziamento e la gravidanza, anzi, riconoscendo quanto sostenuto dal nostro avvocato, il giuslavorista Alvise Moro, ha verificato la sussistenza di una causa grave. Del resto – commenta – con il nostro ingresso in azienda abbiamo trovato uno managemet di tipo autoritario e abbiamo introdotto un approccio più moderno, cercando di ristabilire un clima all’interno dell’azienda, un segnale ai dipendenti che i comportamenti non etici non potevano essere tollerati».
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