Vajont, le carte del processo patrimonio dell’umanità

La decisione dell’Unesco arriverà entro il 31 marzo. Gli atti del processo hanno estrema importanza storica e morale

ERTO E CASSO. L’archivio giudiziario del Vajont potrebbe diventare presto patrimonio dell’umanità. Da mesi e nel riserbo più totale l’Unesco sta lavorando per la dichiarazione di tutela dell’enorme mole di carteggi, perizie e testimonianze raccolte in tribunale a L’Aquila dopo il disastro del 9 ottobre 1963.

Dalla sede di Parigi dell’Unesco deve arrivare solo l’ufficialità: entro il 31 marzo l’organo delle Nazioni unite che protegge la storia e la cultura dell’Umanità deve esprimersi sulla possibilità o meno di occuparsi del materiale processuale del Vajont. Ma chi segue l’iter dà già per scontato il sì dell’Unesco.

Anche perché i funzionari inviati sul posto negli ultimi mesi si sarebbero già sbilanciati, evidenziando l’estrema importanza storica e morale della documentazione relativa a uno dei procedimenti penali più discussi al mondo.

Per decenni i fascicoli vennero letteralmente chiusi in un armadio di uno scantinato del palazzo di giustizia abruzzese. Vittime e imputati se ne scordarono per lungo tempo tanto che spesso si ipotizzò addirittura un segreto di Stato sul contenuto di quelle carte.

Per una pura casualità il terremoto che devastò L’Aquila il 6 aprile del 2009 non fece perdere per sempre le tracce di quel processo. I locali in cui era custodito l’armadio crollarono ma la struttura metallica non fu travolta dai detriti. Così che dopo qualche mese un camion pieno di carte e faldoni partì dall’Abruzzo per Belluno dove tutto fu scanerizzato e salvato su supporto digitale.

Il gravissimo pericolo corso dagli atti giudiziari dopo anni di abbandono in mezzo all’umidità ha spinto l’Unesco ad interessarsi del caso. Se entro la fine del mese da Parigi giungerà l’autorizzazione, i fascicoli del Vajont saranno a tutti gli effetti «patrimonio immateriale dell’Umanità».

In questa speciale categoria si inseriscono tutti quei beni culturali, storici e morali che meritano un'attenzione particolare per le nuove generazioni (inizialmente l’Unesco gestiva solamente luoghi fisici, comprese le Dolomiti del Triveneto). I tre Comuni coinvolti dalla sciagura stanno attendendo con una certa trepidazione la notifica dell'Onu: se il progetto andrà in porto, per la zona della diga e della frana di Erto e Casso si apriranno le porte per ulteriori forme di sviluppo culturale.

All’indomani dello spettacolo di Marco Paolini del 1997 e del film di Renzo Martinelli, i siti toccati dall’onda del Vajont furono presi di mira da migliaia di visitatori. Da allora il flusso non si è mai interrotto, approfittando ora anche delle nuove tecnologie e persino dei social network. L'Unesco gode di canali promozionali e informativi a livello globale nei quali entrerebbero a pieno titolo anche le carte del Vajont.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:vajont

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto