Vajont, il giorno del ricordo: palloncini in cielo per i bambini non nati

VAJONT. Li aveva rievocati lo scrittore Mauro Corona pochi giorni fa, invitando tutti ad un maggior rispetto per la tematica del Vajont: ora i 487 bambini morti nel disastro del 9 ottobre 1963 si sono trasformati simbolicamente in altrettanti palloncini colorati, lanciati in aria da una comitiva di adolescenti.
L'iniziativa si è tenuta lo scorso fine settimana nel piazzale del Colomber di Erto e Casso, a pochi metri dalla frana del monte Toc.
Ad organizzare l'evento per la commemorazione dei 54 anni dalla sciagura è stata l'associazione "Cittadini per la memoria".
Da 13 anni a questa parte l'onlus promuove un presidio ai piedi della diga. Di fatto la manifestazione si compone di alcuni giorni di permanenza fissa al Colomber, sfidando con le tende da campeggio i rigori delle serate alpine. Davanti al fuoco promotori e simpatizzanti leggono documenti d'epoca, propongono filmati e riflettono in sit in pubblici sulla tragedia del 9 ottobre 1963.
I dibattiti e gli approfondimenti spaziano poi tra le principali notizie di cronaca nera della storia più recente, con ospiti provenienti anche da Paesi del Terzo Mondo e dall'Asia. E' in questo contesto che si è svolto il lancio dei 487 palloni riempiti d'elio, uno per ciascun bambino morto o mai nato a causa dell'onda.
Gli under 14 furono un quarto delle vittime totali, stimate in 1.910 (in realtà esistono statistiche non ufficiali che spingono a 2.150 i morti della catastrofe calcolando anche i feti che sarebbero venuti alla luce di lì a pochi giorni e i feriti deceduti a distanza di mesi).

Per rendere ancora più palpabile l'iniziativa, da qualche anno l'associazione ha fatto installare 487 bandierine colorate lungo la staccionata che porta al coronamento della diga.
Pur sbiaditi dal sole e dalle intemperie, i nomi di ogni bimbo restano ben visibili alle migliaia di turisti che ogni anno transitano per la zona. "Anche di recente è capitato di spiegare il senso di quei pezzetti di stoffa a gruppi di stranieri, giunti appositamente al Vajont per conoscere da vicino la vicenda", ha raccontato al proposito il sindaco di Erto e Casso, Fernando Carrara.
Ed è grazie a questo evento di ricordo e di monito che si scopre l'ennesimo scandalo legato al disastro del 9 ottobre 1963: tra chi perse la vita quella notte si contarono infatti numerose donne incinte i cui familiari vennero risarciti solo parzialmente.
Stato, Montedison e Enel, riconosciuti i responsabili civili dell'evento, proposero transazioni che non tenevano conto delle gravidanze in corso, neppure se il parto era ormai imminente. I "non nati" non vennero cioè considerati "soggetti giuridicamente rilevanti", abbassando così di svariati milioni di lire dell'epoca gli indennizzi da versare alle famiglie.
L'anima del presidio e del gruppo dei "Cittadini per la memoria" è la giornalista milanese Lucia Vastano, autrice di un libro sul dopo Vajont.
"Ancor oggi non si conosce bene cosa successe realmente prima del disastro, figurarsi l'alone di mistero e di reticenza che aleggia sulla ricostruzione - ha concluso la free lance, impegnata pure in quadranti di guerra e in delicate indagini giornalistiche per conto di Narcomafie, giornale del gruppo Abele di don Ciotti -. Quando iniziai a parlare del Vajont come del frutto di una loggia malavitosa venni accusata di fare facile propaganda.
Ma esistono documenti e testimonianze di persone tuttora viventi che chiariscono come sul dopo disastro occorra fare piena luce. Da decenni si parla di una commissione parlamentare d'inchiesta, dato anche che lo Stato sborsò migliaia di miliardi di lire in operazioni non sempre così chiare. Dopo 54 anni sarebbe il caso di attivare questa seria analisi dell'accaduto".
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