Unioni gay, la battaglia di Scalfarotto passa per il Friuli

Il sottosegretario del governo Renzi in sciopero della fame già da due settimane. «La Chiesa svolge il suo ruolo, sono politica e Paese che non hanno consapevolezza»

UDINE. Non mangia nulla da due settimane. Solo un caffè la mattina, un paio di bicchieri di latte, qualche tisana. Nient’altro. Ivan Scalfarotto, sottosegretario del ministro Maria Elena Boschi, continua il suo digiuno con un obiettivo ambizioso: spingere l’opinione pubblica a farsi parte attiva per il riconoscimento delle unioni civili ai gay. Il Ddl Cirinnà è fermo in commissione, impaludato da oltre 1.400 emendamenti che rendono assai difficile il suo approdo in Senato prima della pausa estiva. Ma Scalfarotto non ne fa una questione di mesi. Quel che gli interessa è piuttosto il sentimento del Paese rispetto a un tema che ritiene non più rinviabile.

Anzitutto, come sta?

«Fisicamente bene. In questo momento non ho preoccupazioni di dover smettere. Lo farò quando mi sentirò sicuro non tanto della calendarizzazione della legge o di un particolare passaggio parlamentare, ma quando mi sarò reso conto che l’opinione pubblica avrà compreso».

Cosa?

«Che in Italia è in corso una violazione grave dei diritti umani. Una violazione che avviene senza che nessuno se ne preoccupi. E’ l’unico Paese occidentale, industrializzato, a non essersi dato una legge in materia. Siamo nel “patto di Varsavia dei diritti”. Con la Russia, la Bielorussia, la Moldova. Lontanissimi da Francia, Gran Bretagna e Spagna».

C’entra la Chiesa o la ragione di questo vuoto normativo è piuttosto culturale?

«Io non ce l’ho affatto con la Chiesa. Papa Francesco sta dando messaggi di apertura non solo su questo tema. In secondo luogo la Chiesa svolge il suo legittimo ruolo in Paesi dove c’è un’avanzata legislazione sui diritti delle persone omosessuali. Malta ne è un esempio. E’ piuttosto il Paese che non ha la consapevolezza di quanto il tema si importante».

E la politica?

«Non ha fatto abbastanza. Non ha avuto una visione a differenza di quanto accaduto altrove, penso alla Spagna di Zapatero, che ormai 10 anni fa ha introdotto il matrimonio per i gay, non le unioni civili. E’ vero però anche che la politica viene scritta dal Paese. Pensiamo alle leggi sui grandi temi civili degli anni ’70. Il divorzio, l’aborto, il diritto di famiglia. Rispondevano a un fermento nella società che era molto presente e che io oggi non vedo. Mentre coloro che si oppongono ai diritti civili sono molto efficaci nel loro operare, coloro che li favoriscono, questi diritti, lo fanno spesso in modo tiepido, non spendendosi direttamente. Quando capiranno gli eterosessuali che i diritti degli omosessuali non sono solo un problema degli omosessuali, ma un problema che riguarda lo stato di salute della nostra democrazia?».

Sta digiunando contro il governo di Matteo Renzi?

«Sono un appassionato sostenitore del governo e penso che il presidente del consiglio abbia la posizione giusta. E’ il primo premier che pubblicamente si impegna nel portare una legge di questo tipo all’approvazione. Non era mai successo. I presidenti del consiglio della sinistra non avevano mai detto parole così chiare. Non d’Alema, che anzi aveva definito il matrimonio un sacramento, non Amato, che aveva detto i matrimoni gay contrari all’ordine pubblico, non Enrico Letta.

Niente dimissioni dunque...

«Non solo non mi dimetto, ma plaudo all’impegno del governo».

La sua “protesta” quanto andrà avanti?

«Finché avrò la sensazione che la nostra comunità civile, al pari di quella di altri Stati, avrà compreso che di questi diritti il Paese non può fare a meno. Che bisogna mettere fine alla battaglia sulle trascrizioni dei matrimoni poiché ha l’effetto di privare della dignità le persone. Di ferirle personalmente. Il vostro Fvg ha sempre inciso in materia di diritti civili e non si capisce perché un cittadino di Cividale debba averne meno di uno di Caporetto o di Villaco».

Il riferimento non è casuale...

«Non lo è. Sono molto legato al Friuli. A Cividale vive mia zia, Bianca Maria Scalfarotto, vicepresidente dell’Anpi e moglie del partigiano friulano Paolo Rieppi. E poi il mio compagno è di Udine. Conosco bene quelle zone. Amo le frasche, il frico e il salame con l’aceto».

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