Una statua in ricordo di Renzo Valente il “cantore di Udine”

La proposta è emersa nel corso di una celebrazione alla Joppi La figura dello scrittore rievocata a 100 anni dalla nascita
Di Michela Zanutto

Uno scrittore con il naso lungo. Un naso lungo figurato e fisico, quello che Renzo Valente, come Gogol, immortala nei suoi scritti. Un naso, o forse sarebbe meglio dire un intuito, che gli ha permesso di narrare 70 anni di Udine e degli udinesi, dagli anni Venti agli anni Novanta.

Una voce indimenticabile poiché dalle colonne del Messaggero Veneto ha parlato un linguaggio universale. Un cantore cui oggi la città vorrebbe restituire qualcosa. E ieri, in occasione dei cento anni dalla nascita, la biblioteca Joppi ha festeggiato la ricorrenza. L’ha fatto conoscendo l’avversione di Valente per le celebrazioni.

«Aveva una ritrosia nei confronti degli anniversari, si inalberava davanti alle cerimonie», ha ricordato ieri sera l’amico ed ex sindaco Pietro Zanfagnini in sala Corgnali.

«Ma davanti al mondo di oggi, molto disattento, che si infervora sì nell’immediato, ma tende a dimenticare, dobbiamo essere capaci di ricordare chi, come Renzo, ha saputo immortalare persino l’atmosfera – sono le parole di Zanfagnini –. Per fare nostro quel ricordo e quell’atteggiamento spirituale, dobbiamo ispirarci a lui che, se oggi fosse tra noi, respingerebbe l’immediatezza senza la valorizzazione di ciò che è stato».

Per ricordare “Rensuti”, scrittore, giornalista e udinese, serve un trittico: «Una targa sulla casa di via Del Monte è il minimo indispensabile – dice Zanfagnini –. E vedo con piacere la sistemazione di una statua di Renzo Valente in città. Un’iniziativa da rilanciare, collegata alle intuizioni di Trieste con Umberto Saba e poi con Svevo e Joyce, scrittori portati a rivivere in mezzo alla gente. Poi, un compito per l’università: tutelare il dialetto udinese». Infatti, «i vustu, i gastu, i distu e i fastu per me costituiscono i colori di una bandiera che non ammainerò mai», scriveva Valente.

A raccogliere il caloroso invito sospinto da un applauso spontaneo della platea, è l’assessore alla Cultura del Comune di Udine, Federico Pirone: «C’è un’attenzione particolare al ricordo in Valente. Sono situazioni che si stanno perdendo oggi, quando il ricordo e l’informazione rischiano di essere qualcosa di veloce. L’omaggio a Renzo Valente per una amministrazione comunale e per la città sono fondamentali per farci capire il senso vero che vogliamo dare alle cose». Intermezzati dalle letture di Paolo Patui, anche l’ex direttore del Messaggero Veneto, Sergio Gervasutti, e l’ex collega, Mario Blasoni, tratteggiano l’uomo e il giornalista. «Il rapporto che ho avuto con Valente è di due tipi: collega e uomo – sottolinea Gervasutti –. Un uomo abbastanza complesso, non proprio il simpatico personaggio bonaccione che riviviamo nei suoi scritti. Era un giornalista qualificato e uno scrittore degno del massimo rispetto». Chi di Renzo Valente conosce tutto è Francesca Tamburlini, responsabile della sezione Manoscritti e rari della Joppi. «Era un frequentatore assiduo della biblioteca – ricorda – e proprio alla Joppi ha voluto lasciare le sue carte, dopo la scomparsa nel 2002. Lì, conservata con cura e separata dagli altri scritti, c’era la corrispondenza indirizzata alla mamma quando Valente era in Libia dalla quale nel 2012 nasce “E niente drammi umidi”, una raccolta di scritti pensati per un’unica lettrice, ma diventata patrimonio di tutti noi». A Marco Rossitti il compito di fare rivivere la voce di Valente, con la riproduzione di nastri inediti.

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