Una pistola facile da reperire, ma non letale sempre

Vittime illustri con un’arma in voga da decenni. Si attendono risposte sui bossoli dalla perizia balistica che sarà realizzata da Pietro Benedetti noto per aver partecipato alle indagini su Marta Russo, Carlo Giuliani e sul caso Unabomber
FOTO MISSINATO - RIS AL PALAZZETTO
FOTO MISSINATO - RIS AL PALAZZETTO

PORDENONE. Calibro 7.65. E’ il proiettile che ha ucciso Benito Mussolini, Claretta Petacci e Mino Pecorelli. Uno dei calibri più diffusi di un’arma facilmente reperibile. Questo porta a far ritenere che, ad agire per uccidere Teresa Costanza e Trifone Ragone, sia stato un killer non professionista.

Il rumore degli spari potrebbe essere stato attutito dall’abitacolo, tornano i conti sui «rumori di miccette». In una città tranquilla, come quella di Pordenone, dove nessuno avrebbe pensato che potesse consumarsi un duplice omicidio così efferato.

Con un 7.65 per essere sicuri di uccidere la vittima è necessario sparare in testa. Tre colpi, come i tre diretti al militare, altrettanti alla compagna, solo sfiorata dal terzo colpo.

«La 7.65 – ha più volte detto il procuratore Marco Martani – ha una lesività abbastanza bassa: la vittima potrebbe anche non morire subito». Da qui la “necessità” di spararne diversi. Verosimilmente senza silenziatore, visto che «i colpi di miccetta» sono stati uditi da almeno cinque persone.

Gli investigatori hanno setacciato tutte le armerie, controllato persino alcuni di coloro che detengono una pistola di quel calibro. Nulla. Un professionista, ritengono gli investigatori, avrebbe scelto un’arma più potente, una pistola a tamburo ad esempio, che non lascia tracce, i bossoli, ritrovati nell’abitacolo e all’esterno della Suzuki Alto dei giovani.

Forse Teresa e Trifone conoscevano il loro assassino, «molto freddo, che sa usare le armi, anche in spazi molto ristretti»: i giovani non hanno avuto alcun segno di reazione. O, forse, non avevano motivo di sospettare di lui.

La perizia balistica potrebbe fornire le prime risposte e indirizzare le indagini verso alcune piste, per escluderne definitivamente altre. Il bossolo estratto dal carrello lascia il segno: è la firma dell’arma. Che potrebbe essere vergata molto presto.

Il perito balistico Pietro Benedetti noto per aver partecipato alle indagini su Marta Russo, Carlo Giuliani e sul caso Unabomber, potrebbe fornire un ulteriore e determinante input.

L’accertamento balistico, infatti, è in grado di stabilire l’arma utilizzata e quindi di compiere una eventuale scrematura nell’insieme delle persone con l’arma in dotazione o comunque in uso. Un killer può sofisticare le caratteristiche di un’arma per renderne più difficile l’identificazione.

Rispetto ai primi giorni, gli inquirenti valutano con maggiore considerazione l’ipotesi che il killer non sia un professionista del crimine.

Una mano armata dall’Est Europa e dal Sud Italia? E quindi un killer “prezzolato” che, subito dopo avere agito, sarebbe già rientrato al paese d’origine? E’ ciò che temono gli investigatori.

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