Una fucina di show da “Nemico di classe” al nuovo teatro totale

I trent'anni di teatro Contatto, nato come  "Centro servizi e spettacoli". Poi la svolta: e a Udine sbarcò una prosa mai vista prima.
Udine 03 settembre 2011 css Copyright Foto PFP / Turco
Udine 03 settembre 2011 css Copyright Foto PFP / Turco

In un balzo che sorvola le umane virtù di un trentennio, ci si ritrova a mescolare ricordi e sensazioni. Le cifre con lo zero impongono raccolte di pensieri, anche non necessariamente ordinate. Focalizziamo: Teatro Contatto, detto nei modi di Vasco, un senso ce l’ha. Eccome. Ha stabilito un contatto nuovo nella Udine classica d’inizio Ottanta. Il meglio delle commedie di cartellone passavano per il Palamostre delle poltrone viola, così il club di Castiglione assicurava il glamour con l’Alberto Lupo o la Lina Volonghi. In quel tempo, anche se la frase sa di parabola, si agitava un sottobosco teatrale che spingeva alle spalle di Shakespeare e di Pirandello. Da qualche anno - metà Settanta - il gruppo giovanile col fiuto da setter del Centro servizi e spettacoli identifica le carenze cittadine dell’organizzare eventi. E vi si tuffa dentro certo di ridurre il gap fra chi recita e chi ascolta. «L’atto primo - ricorda il presidente del Css Alberto Bevilacqua - fu un happening studentesco in piazza San Giacomo. Cinque giorni di ordinata baldoria ci scodellarono l’idea di affiancare la creatività alla pianificazione». Vale la sfilata di nomi di questi arditi: lo stesso Bevilacqua, Renato Quaglia, Paolo Aniello, Marina Morello, Alberto Capellari, Enrico Schierano, Marco Sgorlon. Il calendario segna 1978. «Bisognava raccogliere aderenze - racconta Alberto con qualche capello in meno di allora - riempire la rubrica di nomi e di numeri. Ci agganciammo all’Elfo milanese di Elio De Capitani e al Teatro 2 di Parma, i primi della lista. Anni di raccolta e di fatica ci proiettarono verso un progetto solido, una stagione con un capo, una coda e un cuore. L’era della compagnia col capocomico se ne stava andando, quella degli Stabili iniziata nel dopoguerra da Strehler e da Grassi filava per conto suo e la cooperativa si stava affermando».

Ci si avvicina al 1982. Il campo di battaglia è lavato e stirato per bene, pronto a essere calpestato da scarpe curiose, la nuova ondata del pubblico teatrale con la voglia di scoprire cosa si è inventata la prosa alla fine del Novecento, ennesimo secolo attraversato dall’arte del recitare. Okey, Goldoni, Molière, il Bardo, Cechov e le decine di altri immensi drammaturghi. E poi? «La nostra ricerca - è ancora Bevilacqua a sfilare tasselli di memoria - contemplava la voglia di scoperta, ovvero raccogliere dai festival personaggi o compagnie che sarebbero diventati qualcuno. Organizzare, lanciare e magari produrre. “Produrre organizzazione” e coniammo lo slogan. Un teorema azzardato ma già notato nei centri nevralgici della cultura. Eravamo a Sant’Arcangelo di Romagna, finiti nel bel mezzo della conferenza di Federico Cruciani, un signor regista. Stava parlando di noi. Be’, ci alzammo di venti centimetri».

Stagione 82/83. Avviene il primo Contatto al Palamostre, poi darà una mano pure lo Zanon. Trent’anni fa. Per questo riavvolgiamo il nastro, onori a un raccolto incredibile di parole, pensieri, musica, danza, una valanga di generi misti, avanguardie, retroguardie, privilegiati osservatori. «Consci di un salto nel vuoto, ma convinti di tinteggiare di nuovo un’alternativo scenico sul punto di esplodere. Nel primo cartellone ci finì anche Carmelo Bene, assieme ai Magazzini Criminali, al mago Bustric e a un Amleto». La curiosità. A Bevilacqua sovviene di un certo Marco Paolini nei panni di un abile collaboratore Css. «Anche lui, agli albori di carriera, si cimentava nell’organizzare teatralità varie. Per noi si trasformò in un abile intervistatore di pubblico». Sebbene negli Ottanta il denaro fosse più fluido di oggi, comunque bisognava trovarlo. «La Provincia sganciò in fiducia, l’unico ente a credere nel Css. Quindi entrò in gioco la Regione, grazie all’assessore Dario Barnaba. Si viveva di incassi e l’estate successiva tutti noi lavorammo come schiavi per recuperare soldini. Montavamo palchi, smontavamo palchi, impianti luci, monta e smonta, macchinisti. Non dimentico il gesto di Alberto Capellari che incassò un assegno di sette milioni, credo come risarcimento di un incidente, e lo versò in cassa».

Troppi show memorabili. Si può tentare di far emergere dalla cantina almeno qualcuno? «Non è difficile, dice sorridendo Bevilacqua, cominciare da Rosas danst Rosas con le coreografie di Anne Teresa de Keersmaeker. Il pubblico alla fine - ah, lo spettacolo era in cartellone la seconda stagione - si lasciò talmente rapire dall’atmosfera che salì sul palco per abbracciare i ballerini». Possiamo permetterci un doppio suggerimento? Nemico di classe e Comedians. «Una doppietta indelebile. Paolo Rossi, Claudio Bisio, Bebo Storti, Silvio Orlando, Gigio Alberti non garantivano un pienone. E chi li conosceva?La sera della replica di Comedians l’Inter giocava al Friuli. Verso la fine della performance il nerazzurro Rossi fece un quattro con la mano verso il pubblico, ovvero le pere rifilate ai bianconeri».

In effetti il Css degli esordi trascinò in provincia comici raccattati su palcoscenici di altrettante province con misurati manipoli di spettatori davanti. Paolo Hendel, tanto per apertivo. E Alessandro Bergonzoni, poi diventato un amico vero di Udine? «Ci invitarono al festival di Dro alla prima di Pippo Del Bono. Da osservatori quali eravamo c’informammo se c’erano altri attori emergenti da seguire. Mah, ci dissero, alle nove toccherà a Bergonzoni, un bolognese che gioca con le parole. Uno forte. Fu innamoramento e Alessandro entrò come un razzo nel programma con E le balene restino sedute».

Anche Claudio Bisio tornò in città da solista, negli anni della scoperta della Banda Osiris, del Gruppo della Rocca, del teatro dell’Archivolto (Crozza, Dighero, Cesena), degli Stomp, i funamboli del ritmo, di Aldo Giovanni e Giacomo, di Luigi Lo Cascio e dei già famosi Dario Fo e Franca Rame. E se Contatto deve essere contatto è stato. «Ridurre le distanze con la scena è da sempre un’imposizione», sottolinea Bevilacqua. Indimenticabile un Orfeo ed Euridice nelle segrete del Castello, uno spettatore per volta a scivolare giù nei meandri del maniero.

Trent’anni dopo è il teatro totale internazionale a garantire la sopravvivenza del grande vecchio. Il Contatto con la vita continua.

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