«Una famiglia antifascista» Gerbi racconta i Cosattini

Lo storico e giornalista ha riunito i filoni di più esistenze con al centro via Cairoli
Di Paolo Medeossi

PAOLO MEDEOSSI. Udine conta poche lapidi sulle sue case (non è come Gorizia dove ce n’è una a ogni angolo). La più significativa e commovente appare in via Cairoli, breve strada posta in un punto cruciale, tra liceo Stellini e Curia, alle spalle di piazza Primo Maggio. In una ventina di righe, senza enfasi retorica, vi è sintetizzata la vicenda umana e politica di una famiglia straordinaria, la cui storia spiega meglio di tante memorie i sentimenti, lo spirito e le idee del nostro piccolo mondo in riva alle rogge. «In questa casa dove infierì la violenza fascista...» comincia il testo inciso sul marmo che poi ricorda Giovanni Cosattini (1878-1954), deputato socialista al fianco di Matteotti, sindaco di Udine liberata nel 1945 e componente dell’Assemblea costituente, e i figli Luigi (1913-1945), giurista, deportato a Buchenwald, vittima della barbarie nazista, e Alberto (1916-2010), militante di Giustizia e libertà, dirigente nazionale della Resistenza.

La dedica cita gli uomini della famiglia, ma tanto c’è da raccontare anche sulle donne, che ebbero compiti meno appariscenti, più defilati, in ogni caso di spicco per le dinastie con le quali si imparentarono. La mamma Renza Cuoghi e le figlie Emilia, Giovanna ed Emma furono protagoniste in questo intreccio di incontri, slanci ideali, impegno che attraversa il Novecento rispecchiando, nel vissuto privato, ciò che accadeva attorno, nei tumulti di inizio secolo, e poi al tempo della Grande guerra e della dittatura, fino alla seconda guerra, alla Liberazione e al desiderio di rinascita e riscatto dopo l’incubo fascista. Parlando dei Cosattini si parla in generale del Friuli e anzi dell’Italia per il ruolo che ognuno, a vario titolo, ebbe nello scenario nazionale. Ed è una storia, oggetto di precedenti biografie e pubblicazioni, mai raccontata nella sua interezza come finalmente accade adesso con il libro edito dalla Hoepli. Si intitola «I Cosattini. Una famiglia antifascista a Udine« (320 pagine, 18 euro), di cui è autore Sandro Gerbi, storico e giornalista, che già si era cimentato in opere dedicate a Guido Piovene, Raffaele Mattioli, Enrico Cuccia, Indro Montanelli. Stavolta ha voluto raccogliere e riunire i filoni di più esistenze con al centro via Cairoli, in una villa di stile udinese, in linea con il volto architettonico più convincente della città: un’eleganza agile e discreta, nessuno sfoggio superfluo, e capacità di dialogare con le altre case immerse nel verde dei giardini.

Nel suo cammino Gerbi ha aperto e consultato gli archivi di famiglia attraverso una ricerca testimoniata anche dall’ampia sezione fotografica con immagini in bianco e nero che non hanno solo un valore intimo, personale. Bellissima la copertina dove si vedono i Cosattini al mare, nel 1919. A guardarla bene, dice tanto su questo universo domestico: papà Giovanni è un uomo dall’atteggiamento energico. Accanto mamma Renza lo guarda, paziente e innamorata. Seduto sulla sabbia il nonno, più bambino dei nipoti che gli stanno attorno. La foto conferma che il punto di riferimento di tutto è l’avvocato Giovanni, nato nel 1878 a Cittaducale, in provincia di Rieti, dov’era stato trasferito il padre Gerolamo, pretore, che aveva sposato Emilia Cosattini, seconda cugina, entrambi udinesi. Gerolamo trasmise al figlio lo spirito laicista di stampo risorgimentale molto diffuso nella Udine di allora, segnandone il destino. Laureatosi a Padova, Giovanni iniziò subito la professione cominciando a occuparsi di temi sociali, come l’emigrazione. Non si tirava mai indietro e già nel 1905 venne segnalato dalla prefettura quale elemento sovversivo. Aderì presto al partito socialista entrando nella direzione centrale. Questo fervore si placava solo davanti a Renza che convinse il suo “mangiapreti” a sposarsi in chiesa, sbalordendo il padre, il musicista Luigi Cuoghi, il quale sconsolatamente aveva commentato il giorno del fidanzamento: «La se xe messa con un socialista!».

All’indomani di Vittorio Veneto, Cosattini venne eletto deputato e di lui restano i vibranti interventi contro “il criminoso sperpero di denaro pubblico” e “gli inauditi scandali compiuti da amministrazioni civili e militari” nelle terre sconvolte dalla guerra. Puntava l’indice perché, disse, «la corruzione ha raggiunto l’ultimo estremo della improntitudine». Coraggioso anche quando Giacomo Matteotti pronunciò il discorso che gli costò la vita e rivolgendosi all’amico udinese disse: «Ora preparatevi a fare la mia commemorazione». Anni torbidi in cui la casa di via Cairoli venne devastata e incendiata dai fascisti. Durante la dittatura, Cosattini si dedicò alla famiglia e al lavoro dicendo: «Viviamo isolati e chiusi nel nostro guscio come le tartarughe, da esuli in patria». Tutto cambiò dopo l’8 settembre 1943 quando partecipò alla nascita del Comitato di liberazione, da cui nel 1945 venne designato quale sindaco di Udine (cui seguì nel ’48 l’elezione a senatore). E fu lui il 2 maggio ad affacciarsi da palazzo D’Aronco per parlare a una piazza stracolma di gente festosa. Eppure aveva il cuore gonfio di dolore per il primogenito, Luigi, giurista straordinario, amico di personaggi come Bobbio e Vassalli, deportato e mai tornato da Buchenwald. L’altro figlio Alberto, avvocato, pure impegnato nella Resistenza, braccio destro di Ferruccio Parri, primo presidente del consiglio, è stato poi l’unico dei fratelli a essere rimasto a Udine.

Le tre figlie ebbero come mariti altrettanti personaggi della galassia antifascista, creando così una corroborante miscela cattolico-ebraica, fonte di notevole vivacità intellettuale: Emilia sposò Gustavo Volterra, figlio del grande matematico Vito; Giovanna sposò l’ingegnere torinese Enrico Carrara, figlio del professor Mario Carrara (genero di Cesare Lombroso) ed Emma fu moglie di Giovanni Enriques, dirigente della Olivetti e poi a capo della editrice Zanichelli.

Una storia ampia, composita, intessuta di nomi e vicende, che arriva adesso ai nipoti. Contiene spunti, argomenti e lezioni morali, in particolare per chi continua ad amare Udine e la sua gente. Raccontava la figlia Giovanna: «Mio padre faceva partecipare anche noi bambini a tutti gli avvenimenti politici e non. Spiegava e ci faceva ragionare sopra ogni cosa».

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