Un treno arriva dal passato con passeggeri inconsapevoli

Rita Maffei firma a teatro otto episodi con tema Il viaggio di Pasolini Consumismo e deviazione sociale vengono da molto lontano

UDINE. Dal verbo "viaggiare" si possono declinare mille voci: paura, coraggio, affetti, sfida e tante altre ancora. A volte si parte all'improvviso, per scelta o per caso: Pasolini non l'aveva scelto, quando nel '49 abbandonò con la madre il Friuli, arrivando fino a Roma. Gliel'ha imposto il destino, forse.

Sabato 20 febbraio, al Palamostre, è andato in scena l'ultima parte del percorso teatrale "Il treno" ideato e diretto da Rita Maffei e prodotto dallo stesso CSS (con Gabriele Benedetti, Emanuele Carucci Viterbi, Paolo Fagiolo e con Irene Canali e Giuseppe Attanasio consulenza scientifica Angela Felice) 8 episodi in tutto, che partono dal distaccamento del poeta corsaro dalla terra materna per arrivare a storie di tutti noi, immerse nel pensiero anti-sistema dell'intellettuale.

Nella sala ridotta del teatro, cosparsa di sabbia, vengono proiettati immagini di un finestrino del treno che sta viaggiando. Accanto, gruppi di spettatori sono seduti proprio come nei vagoni, uno di fronte all'altro, mentre cinque attori armati di valigie e cappotto riempiono la scena. E c'è il rischio di perdersi, nelle parole che procedono veloci.

I personaggi in scena danno voce a parole di Pasolini, mischiate a quelle di gente comune che si ritrova ad affrontare un viaggio: mille domande con ben poche risposte, unite a filmati di "backstage" e spezzoni di film del regista casarsese. La confusione appare sovrana, fino a quando le idee del protagonista della pièce non investono i presenti.

PPP vedeva nella rapida trasformazione dell'Italia sua contemporanea una deriva pericolosa: la liberalizzazione sessuale va di pari passo con la mercificazione dell'individuo, che non è più attore del rapporto domanda-offerta, ma suo stesso protagonista: la merce. "La Chiesa doveva censurare Carosello" è l'accusa lanciata da Pasolini e amplificata dagli attori, poiché nel suo pensiero è proprio il proliferare del consumismo la vera deviazione sociale.

Il testo della Mafei, arricchito da una profonda storia di sentimenti e storia tra l'Italia e l'ex URSS alla fine degli anni '80, trascina lo spettatore che non sa cosa aspettarsi per tutta la durata dell'opera: i concetti di PPP, per nulla semplici ma straordinariamente articolati, plasmano un presente che è il figlio legittimo di un Paese già sulla via della dannazione economica decenni fa. Il treno era già partito allora e continua a viaggiare: noi a bordo sapremo dove va a finire?

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