Un secolo di architettura, ecco la Pordenone da salvare

PORDENONE. Una passeggiata in città lunga un secolo, il ’900, per guardare con occhio diverso Pordenone e capire che, forse, ciò che consideriamo comunemente insignificante, con uno sguardo più attento, così non è. Questo è il volume “Pordenone Novecento”, a cura di Moreno Baccichet, Andrea Catto e Paolo Tomasella e promosso dall’Ordine degli architetti della provincia.
In questa guida sono stati censiti 150 edifici della città, suddivisi in 11 sezioni che corrispondono a periodi culturali: si parte dall’ultima fase della Belle Epoque, si prosegue con l’eclettismo degli anni Venti, si passa per la città dei servizi del boom economico, per giungere a edifici esteticamente più impalpabili dei giorni nostri. Soltanto edifici: non sono stati presi in considerazione i restauri o le aree esterne, che avrebbero reso il lavoro ancora più complesso.
Si tratta di un censimento delle architetture significative che, attraverso la guida, permetterà la loro valorizzazione e salvaguardia e allo stesso tempo consentirà di veicolare un patrimonio ancora sconosciuto a molti, ponendosi come strumento di divulgazione per un pubblico non di specialisti, ma di cittadini, studenti e turisti.

Agli edifici di pregio, quelli realizzati da firme importanti quali Gino Valle, Mario Botta e Ignazio Gardella, si alternano architetture testimoniali, significative perché legate allo sviluppo economico di Pordenone e alle sue trasformazioni urbane, come le abitazioni dei primi quartieri operai del Cotonificio Veneziano o le prime esperienze di grandi insediamenti di edilizia economica popolare, conosciuti come le “case rosse” e le “case gialle”.
«Abbiamo preso in considerazione edifici pubblici e privati – ha spiegato uno dei curatori, l’architetto Moreno Baccichet –, i villaggi di operai, le due fabbriche della Zanussi presenti in città, la Sole e l’ex Seleco, la costruzione della Casa del fascio, gli uffici del Consorzio Cellina Meduna, soltanto per citarne alcuni». La guida, in taluni casi, ha cercato di raccontare cosa c’era prima di un determinato edificio, come nel caso della Bossina, storica porta cancellata da evoluzioni urbane e sostituita con due edifici di rilevante importanza.
«E’ una guida che non vuole essere moralistica – ha specificato Baccichet –. Non si troveranno valutazioni di merito. Spesso sento dire che Pordenone è una brutta città. Ma forse questa considerazione deriva dal fatto che non abbiamo la consapevolezza di stare costruendo il nuovo centro storico. Non abbiamo sufficiente distanza per capirlo: sia distanza temporale sia distanza di prospettiva».
Gli esempi in questo senso si sprecano: via Trento, piazza Risorgimento, via Montereale, l’edificio Ariston, considerato «un piccolo capolavoro di architettura», oppure i padiglioni A e B dell’ospedale, «degni di essere conservati ed essere valorizzati». Nel piano regolatore i due edifici ospedalieri, infatti, sono stati “congelati” (anche perché costa di più la loro ristrutturazione che la demolizione).
«La catalogazione – ha affermato il presidente dell’Ordine degli architetti, Vittorio Perini, nella presentazione – rappresenta l’inizio di un percorso virtuoso in quanto è stato sottoscritto un protocollo d’intesa con il Comune di Pordenone che ha condiviso gli obiettivi della valorizzazione del patrimonio architettonico moderno del ’900 e della realizzazione di un archivio digitale che troverà collocazione nel sistema informatico del Comune e in quello dell’Ordine degli architetti.
La flessibilità dello strumento informatico renderà possibile future indagini aperte all’attualità, all’estensione geografica dell’ambito di ricerca, all’incrocio di differenti temi. Inoltre offrirà la possibilità di agire anche sul fronte della conservazione, rendendo più semplice il monitoraggio degli edifici».
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