Un caffè fatto a regola d’arte? Ci pensa il maestro Zamuner

In Italia sono poco più di 300 e soltanto uno di questi è friulano. Sono i maestri del caffè, un titolo riconosciuto a livello internazionale e certificato dall’Aicaf, l’Accademia italiana maestri...

In Italia sono poco più di 300 e soltanto uno di questi è friulano. Sono i maestri del caffè, un titolo riconosciuto a livello internazionale e certificato dall’Aicaf, l’Accademia italiana maestri del caffè, attribuito pochi giorni fa al maniaghese Mauro Zamuner, titolare del Dolce vita, a due passi dal centro della cittadina.

Allora, maestro Zamuner, ci racconta questa avventura?

«E’ nato tutto da una mia curiosità e da tanta passione. Appartengo a una famiglia che ha sempre lavorato nei bar e anch’io mi sono ritrovato a svolgere questa attività da oltre 13 anni. Devo dirle che è un lavoro che mi piace molto e l’ho sempre svolto con passione. Però sentivo il bisogno di crescere e così mi sono messo in cerca di una strada per arricchire la mia conoscenza e per saperne un po’ di più, e ho trovato l’accademia dell’Aicaf. Hanno dieci sedi in tutta Italia e ho deciso di frequentare i corsi a Brescia».

E lì?

«Beh, lì mi si è aperto un mondo. Come sa, per noi parlare di caffè vuol dire soltanto il classico espresso, ma basta addentrarsi un po’ nell’argomento e si scopre una bevanda che ha mille varianti e mille usi. I corsi all’accademia sono molto approfonditi, si parte dalla pianta, per passare ai metodi di torrefazione, alla macinatura e, insomma, mi creda che è davvero un mondo».

Ma il titolo avrà previsto una selezione?

«Certo. Si procede per vari livelli, con un esame teorico per diventare assistente maestro del caffè, poi frequentando ulteriori corsi e superando altri test si può accedere all’esame per maestro del caffè. Oltre alle prove teoriche vanno superate alcune prove pratiche molto impegnative che vanno dall’uso del macinino alla preparazione di quattro caffè a regola d’arte e quattro cappuccini decorati soltanto con il bricco».

Ecco, a proposito di caffè a regola d’arte, ci sono molte teorie...

«Preparare un buon espresso è un’operazione complessa che va seguita con attenzione. Innanzi tutto si parte dalla fondamentale regola delle 5 “M”».

Cioè?

«Miscela e tostatura, macinatura e dosatura, macchina, mano, manutenzione. Questa è la regola d’oro, ovviamente dietro c’è il mondo che le dicevo sul caffè».

Crema sì o no?

«Certamente sì, ma dev’essere bruna, troppo chiara è un errore».

E la perenne competizione tra Nord e Sud?

«Ho ben presente quello che dice perché con le caserme a Maniago gran parte della clientela viene dal Sud Italia e s’immagina le discussioni al bar? Si pensa generalmente che la differenza la faccia l’acqua, invece è una questione di miscele, noi al Nord usiamo per la maggior parte “arabica”, la qualità più pregiata, con una maggiore punta di acidità, mentre al Sud c’è una maggiore percentuale di “robusta”, ecco la differenza».

E un buon ristretto invece?

«La norma prevede una quantità di 2,5 centilitri, per 20-30 secondi di pressione, con meno tempo risulterebbe sottoestratto, di più sovraestratto, ovviamente con sapori diversi».

E adesso il futuro cosa dirà?

«C’è un interesse crescente per il caffè, stiamo vivendo una fase come quella del vino di trent’anni fa. Il compito dei baristi è quello di far crescere la consapevolezza del consumatore. È un obiettivo al quale credo molto».

Gabriele Giuga

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