Udine, visore notturno radioattivo in un bidone

UDINE. Si trovava in un bidone. Uno dei tanti che ogni giorno vanno e vengono nei magazzini dell’Aster Coop di via Oderzo. Qualcosa, però, ha insospettito il personale e reso necessaria una verifica: sul sacchetto che lo avvolgeva c’era scritto “radioactive”.
E allora è scattato il “protocollo” del buon senso. Ebbene, il sospetto era fondato: una parte del carico arrivato nei giorni scorsi a Udine conteneva una sorgente radioattiva.
La scoperta risale a martedì. Alla segnalazione è seguito l’immediato invio nella sede della società cooperativa dei tecnici dei Vigili del fuoco e di quelli dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Friuli Venezia Giulia. Ma la notizia, come intuibile, non è stata fatta trapelare, per evitare di ingenerare allarmi prematuri all’interno e anche all’esterno della struttura.
La fonte radioattiva è stata rinvenuta in un’apparecchiatura risalente alla seconda guerra mondiale: un visore notturno, e cioè un classico pezzo da collezione per gli appassionati di storia. Ma anche uno degli oggetti più studiati e analizzati nei laboratori specializzati nell’individuazione di elementi chimici pericolosi.
Buona parte degli strumenti dell’industria bellica del passato, a cominciare da quelli in bella mostra nei mercatini di antiquariato, in mezzo a montagne di altre chincaglierie, infatti, risulta spesso contenere alte concentrazioni di radio.
Quella arrivata nel magazzino friulano è un’apparecchiatura proveniente da un’area portuale di fuori provincia. A Udine avrebbe dovuto rimanere parcheggiata per un breve periodo.
La sua permanenza, considerate le circostanze, è durata ancora meno del previsto: giusto il tempo di effettuare i prelievi, consegnarli all’Arpa e organizzarne il trasferimento in altra sede. Cioè in un luogo isolato e protetto, come da prescrizioni.
Le operazioni sono state condotte dai pompieri della squadra Nbcr (nucleare, batteriologica, clinica e radiologica) della provincia di Udine e dai loro colleghi arrivati dalla sede regionale di Trieste.
Per le misurazioni, effettuate “in loco”, ci si è avvalsi anche delle competenze tecniche degli esperti dell’Arpa.
È toccato ai vigili del fuoco del capoluogo giuliano riconoscere e indicare nel Radio 226, un prodotto della disintegrazione radioattiva dell’uranio, la sorgente radioattiva.
Una volta completati i prelievi, il visore notturno è stato confinato in un luogo inaccessibile. E lì è rimasto, in attesa di essere prelevato da una società specializzata e stoccato altrove.
Nel frattempo, dai tenici è arrivato il responso: gli accertamenti hanno escluso che vi sia stata una qualche contaminazione dell’ambiente circostante. E questo, naturalmente, ha fatto rientrare paure e allarme.
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