Udine, uno dei tre indagati per stupro aveva già violentato una ragazza

UDINE. Dilawar Abbas Jutt, 23 anni, accusato di aver violentato una quindicenne negli spazi abbandonati dell’ex scalo ferroviario di via Buttrio, era già stato fermato dalle forze dell’ordine nei mesi scorsi, ritenuto responsabile di un episodio di abuso sessuale nei confronti di una ragazza.
Non solo. Il pakistano, colpito da un foglio di via del questore, ha all’attivo denunce per lesioni, rapina e spaccio. Elementi che hanno certamente influito nella decisione della commissione territoriale che valuta le richieste d’asilo a respingere la sua istanza, sulla quale pende ora un ricorso.
È quanto emerso nel corso delle indagini sul doppio episodio di stupro denunciato da una ragazzina residente nel Medio Friuli, ora accolta in una struttura protetta.
La ricostruzione
Il racconto che la ragazza ha fornito nella tarda serata del 28 agosto, a poche ore dai fatti, è considerato «chiaro e coerente» dagli inquirenti. La quindicenne conosceva personalmente Jutt.
E nella mattinata del 28 agosto l’avrebbe contattato per chiedergli di procurarsi alcune dosi di eroina. I due si sono incontrati nella zona di Borgo stazione e da lì hanno raggiunto, a piedi, l’area dello scalo ferroviario di via Buttrio, probabilmente per consumare assieme la droga.
Lì, tra le mura degli stabili fatiscenti e abbandonati da anni, si sarebbe consumata la violenza sessuale. Alla quale avrebbero assistito anche altri due connazionali dell’uomo, pure loro richiedenti asilo: secondo la ragazzina si tratta dei due che l’avrebbero violentata un mese e mezzo prima, a metà luglio, nei pressi di un campetto di calcio di una parrocchia nella zona di viale Palmanova (probabilmente l’area esterna della chiesa di San Pio X).
Segregata per ore nel fabbricato di via Buttrio, picchiata e minacciata con un coccio di bottiglia la giovane è riuscita nel pomeriggio a mandare un paio di messaggi su Instagram a un’amica, chiedendo aiuto.
L’sos è stato intercettato dalla mamma di questa, che ha allertato le forze dell’ordine: nel frattempo la ragazzina abusata era riuscita a convincere l’aguzzino a lasciarla libera, mostrandogli a mo’ di minaccia la richiesta d’aiuto inoltrata via social all’amica.
Le volanti della polizia hanno quindi rintracciato la giovane nella vicina via Bertaldia, raccogliendo la sua denuncia e invitandola a rivolgersi per le cure al Pronto soccorso.
Il primo caso
Ricoverata in pediatria, la quindicenne (già seguita da tempo dai servizi sociali) è stata ascoltata dagli agenti della Squadra Mobile, guidata dal vicequestore Massimiliano Ortolan: ha spiegato di conoscere i propri aggressori con i soprannomi, elemento questo che ha costituito la base di partenza, assieme alle frequentazioni social della giovane, per risalire all’identità dei tre.
Assieme a Jutt la polizia ha arrestato Muhammad Sulman, 22 anni, accusato di aver violentato la minorenne a metà luglio. Su questo episodio sono in corso degli approfondimenti, anche per chiarire il ruolo di una terza persona, un trentaseienne pakistano, che al momento risulta soltanto indagato.
Sulman avrebbe convinto la ragazzina a seguirlo in un’area appartata nella zona di viale Palmanova, abusando di lei e costringendola a consumare un rapporto sessuale anche con l’amico.
Le minacce
Nei giorni del ricovero la ragazzina ha peraltro ricevuto alcuni messaggi Whatsapp da Sulman, ai quali ha risposto spiegando di aver sporto denuncia nei suoi confronti. Veemente è stata la reazione del pakistano, che ha iniziato a tempestare di vocali la malcapitata, minacciandola anche di morte.
Il procuratore
«Le indagini sono in pieno svolgimento», spiega il capo della Procura di Udine, Antonio De Nicolo. «Dobbiamo saggiare la credibilità della ragazzina per analizzare compiutamente una vicenda che va inquadrata in un contesto di massiccia assunzione di sostanze stupefacenti da parte dei coinvolti – indica il numero uno della magistratura friulana –. La ragazza aveva fatto una scelta di consumo smodato e frequentava un mondo in cui non avrebbe dovuto stare».
Per il procuratore, «dovremmo allora chiederci se come genitori non stiamo facendo l’errore di sopravvalutare le capacità dei nostri figli di riconoscere i pericoli e dovremmo piuttosto cogliere i segnali dell’eventuale ingresso dei giovani e dei giovanissimi nel mondo della droga», chiosa De Nicolo, lanciando un accorato appello perché vengano implementate le attività di prevenzione. —
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