Udine, le commesse storiche dell'Upim si ritrovano per un pranzo amarcord

Sono circa 200 le “signorine Upim” che hanno segnato un’epoca: «Abbiamo chiuso per colpa dei centri commerciali dell’hinterland»

UDINE. Per tutti sono state e resteranno le “signorine Upim”, segnando una generazione intera di commesse: sono le duecento ragazze che hanno fatto la storia aggirandosi tra gli scaffali e servendo decine di migliaia di clienti.

Ancora oggi le foto in bianco e nero, seppur sbiadite, ricordano quei momenti quando il negozio rappresentava “il cuore” di Udine, si riempiva di vestiti e cosmetici e c’era una lunga fila per comprare ogni genere di merce. «Tempi lontani – dice qualcuna delle reduci – che forse non torneranno più. Era una Udine diversa. E il centro era ancora vivo».

Loro, le “signorine Upim”, a dispetto degli anni che passano, sono rimaste unite. Quel negozio e i ricordi di quegli anni le hanno talmente legate che da ormai da un decennio si danno appuntamento ogni anno per una bicchierata e un pranzo.

L’evento è fissato all’Hotel Astoria per sabato, 16 dicembre. E non sarà un pranzo come tutti gli altri. Perché oggi quel palazzo di via Cavour che ha ospitato i magazzini sta cambiando fisionomia. Al posto dell’ex Upim ci saranno 31 nuovi appartamenti e un’autorimessa.

«Un colpo al cuore – confessano – . Dispiace, ma è il segno che i tempi cambiano. Quando abbiamo chiuso era per colpa dei centri commerciali che stavano per invadere l’hinterland. Domani, chissà… Forse i giovani ricostruiranno tutto. Ce lo auguriamo».

Nel frattempo le “signorine Upim” creeranno per quel giorno un cartellone fatto di fotografie e ricordi e una spilletta con il simbolo della catena italiana dei negozi. Saranno in settanta e per organizzare la festa hanno chiesto e ottenuto anche l’aiuto prezioso dell’associazione 50&Più di Confcommercio grazie al quale il pomeriggio sarà allietato con giochi e l’esibizione di maghi.

«Per noi – raccontano le ex dipendenti – l’Upim è stata una scuola di vita. Dovevamo avere la divisa perfetta, andare dalla parrucchiera ogni settimana e avere le unghie delle mani perfette.

Le responsabili del personale erano rigide. In ogni reparto le commesse venivano affiancate dalle apprendiste che allestivano i banchi e svolgevano le pulizie degli scaffali e dei pavimenti e l’organizzazione, che ricalcava il modello del gruppo La Rinascente di Milano, era perfetta.

Ma alla fine siamo uscite dai magazzini con una formazione invidiabile che ci ha permesso di trovare lavoro anche da altre parti».

Gli scatti delle macchine fotografiche recuperati e raccolti in questi giorni raccontano la storia di uno dei supermercati più in auge negli anni Settanta e Ottanta. «Nei giorni che anticipavano Natale – ricordano le protagoniste – si faceva fatica a entrare.

Vedevi gente che faceva la fila fin dall’ingresso. Oggi non sarebbe più così. Oggi l’Upim esiste ancora in via Savorgnana, all’angolo con via Stringher, ma non è più lo stesso. Non è più il simbolo della ricchezza degli udinesi».

Guardando indietro tanti sono i rimorsi. «Chissà – dicono – forse se avessero riqualificato molto prima via Mercatovecchio e reso pedonabile il centro, la storia sarebbe cambiata». Ma la consapevolezza è che «quegli anni non torneranno più».

«Già – dicono – . Abbiamo fatto tante lotte sindacali, compresa quella per ottenere il lunedì libero. E ora guardate dove siamo finiti. I negozi sono aperti tutti i giorni, anche la domenica. E c’è chi punta a lasciare le serrande aperte anche la sera.

Eppure il bacino dei clienti è sempre quello. Forse bisognerebbe sedersi intorno a un tavolo e riflettere su dove stiamo andando e dove abbiamo sbagliato».

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