Udine, il Monumento di Valle “ripulito”, si apre il dibattito

Udine, piazzale XXVI luglio: ecco il celebre Monumento alla Resistenza, a firma Gino Valle e Federico Marconi, realizzato nel 1967/1969. Con quel progetto nel 1959 gli architetti Valle e Marconi vinsero il primo premio al Concorso Nazionale; il primo articolo fu già importante, a firma dell’illustre Bruno Zevi, sull’Espresso del 1959.
Poi nel biennio ’67/’69 questo potente progetto, carico di senso e visionarietà, si realizzò. Nacque l’architettonico microcosmo al centro dell’area, con i 4 elementi – fuoco, aria, acqua, terra – sottolineati dal lucido e poetico pensiero dei progettisti. Sorsero i tre pilastri di cemento, brillante realizzazione. Fu posta la scultura di Dino Basaldella, fu incisa la famosa frase di Pietro Calamandrei all’interno del quadrato di cemento. Cominciò a scorrere l’acqua – e si cominciò a guardare il cielo, sospesi dal rumore dal mondo – all’interno di quel quadrilatero cavo.
Ma questa è storia ormai nota. Quello che fa notizia ora è che oggi, alla vigilia della ricorrenza, 25 aprile 2015, il Comune di Udine ha realizzato il restyling del monumento: il primo da quando è stato realizzato.

E così la città mormora, si domanda, commenta. «Ci piace? Era necessario? Ora è spoglio senza edera».
Sono i commenti che si muovono intorno al giro urbano di biciclette, macchine che rallentano, passanti. Questo perché il Monumento alla Resistenza di piazzale XXVI luglio è un simbolo non solo per ciò che significa solcando la storia, ma per ciò che l’occhio dell’udinese è abituato a vedere.
Così, con l’animo del genius loci, abbiamo bussato in città alla porta dello Studio Valle, dove lavorano l’architetto Piero Valle, figlio di Gino, e la moglie di Gino, l’architetto Piera Ricci Menichetti.
«Il Comune desiderava eseguire la manutenzione – ci racconta Piero Valle – anche perché negli anni sono stati realizzati interventi relativi al verde non coerenti con il progetto». Com’è il verde originale? Tutta la città lo desidera sapere. «Mio padre aveva progettato insieme al paesaggista belga George Gyssel, “un giardino con arbusti e piante che ricordano la natura della macchia dove si nascondevano i partigiani”, come scrive lui stesso in una relazione del 1968».

E l’edera era prevista? «No, ma l’edera è il male minore. Mi spiego. Erano stati progettati 4 tipi di verde – conifere, sempreverdi, lavandula e prato con 29 essenze –, tra cui una macchia di mughi, unici elementi verticali, che in qualche modo dovevano richiamare i nascondigli dei partigiani. L’importante era che il verde non impedisse la visione dei supporti del monumento e quella al di sotto del grande quadrato sospeso, cioè che si mantenesse quell’idea della trasparenza all’origine del progetto. Gyssel, giovane talento amico di mio padre, morì purtroppo a soli 32 anni e così, quella macchia di verde, bassa, e che tale doveva restare, non fu mai realizzata. Se a ciò ci aggiungiamo tutte le invenzioni vegetali in questi anni, rose rosse comprese, capiamo perché era necessario un intervento».
E così al lavoro per il Comune ci sono gli architetti Claudio Bugatto e Giuliana Bosco per verde e parte edile, con il progetto originale, finalmente, sotto gli occhi. “Togliere l’edera” continua Piero Valle, «ha fatto riconoscere piccoli problemi del cemento, così è stato fatto anche un restauro delle superfici del cemento ammalorate.
E in più il Comune ha realizzato un progetto di illuminazione; lo avevamo chiesto noi da tempo con l’idea che si illuminasse il quadrato interno». Interviene Piera Valle, moglie di Gino: «Gyssel era un giovane bravissimo e sensibile. Nel concorso per il progetto aveva pensato a 29 essenze. Il valore del monumento è che è un’area memoriale, non una scultura; è per questo che il quadrato sospeso in cemento deve stare libero, e non sovrastato dalle piante. Lo sai che per il concorso la statua di Dino Basaldella, che rappresenta il fuoco, era immersa nell’acqua?».
E noi rimaniamo immersi in questa sospesa atmosfera, con “lo sguardo laterale” felicemente impegnato nell’osservare il glicine, sovrano, sul loro terrazzo.
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